domenica9266Testata: Informazione Corretta
Data: 09 giugno 2013
Autore: Ugo Voll
Cartoiline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
al rientro dal viaggio di studio in Giudea e Samaria organizzato da Informazione Corretta, parlandone un po’ con i miei interlocutori, mi sono accorto che la maggior parte delle persone, anche  quelli interessati alla situazione mediorientale e magari amici di Israele, ne sanno pochissimo. Ho parlato con diverse persone che vanno spesso in Israele e dicono di non aver mai messo piede nei “territori” e non intendono farlo – una forma di boicottaggio morbido molto politically correct che ricorda quello assai più duro e discusso dei teatri israeliani che rifiutarono di lavorare nel teatro di Ariel o delle università che boicottarono la promozione del centro universitario di quella cittadina a università vera e propria. Però bisogna sapere di che cosa si parla e  non c’è nulla di meglio che vedere di persona i fatti, almeno un po’ di informazioni riferite saranno utili.
Intanto, le dimensioni: se Israele ha una superficie di 22 mila kmq, cioè un po’ meno della Lombardia e parecchio meno di Piemonte  o Sicilia (mille volte meno dei territori arabi, guardate qui la mappa e i numeri:http://www.science.co.il/Arab-Israeli-conflict.asp#Maps), Giudea e Samaria sono 5.800 kmq, cioè un po’ di più della provincia di Brescia e meno di quella di Cuneo. La popolazione araba, secondo le pretese gonfiatissime dell’Autorità Palestinese sarebbe di 2.345.000 abitanti (http://en.wikipedia.org/wiki/Geography_of_the_West_Bank#Geography ) ma sono dati contestati anche da organismi neutri come la Banca Mondiale per cui è ragionevole pensare che siano in effetti un milione e mezzo (http://www.imra.org.il/story.php3?id=38108 , http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3808053,00.html). Il numero degli israeliani è assai più chiaro: sono ormai 600 mila, di cui 210 mila nei sobborghi di Gerusalemme oltre la linea verde.  Si tratta del 10% della popolazione ebraica di Israele.
Poi, la geografia e la storia. Giudea e Samaria sono “il monte” di Israele, la zona di colline alte (fra i 600 e i 100 metri) e ripide che sorge fra la piana costiera e la profonda depressione della Valle del Giordano e del Mar Morto. Potete visualizzarla come un’onda di terra che domina strategicamente dall’alto la parte costiera, agricola, industriale e urbanizzata di Israele, larga appena una ventina di chilometri.  Trovate qui (https://dl.dropboxusercontent.com/u/12827598/rilievo%20Samaria002.jpg;  http://mfa.gov.il/MFA/AboutIsrael/Maps/Pages/Samaria%20Cross-Section.aspx ) due spaccati del rilievo di quest’onda. Inutile dire che chi la domina ha la possibilità di bombardare agevolmente, assai più agevolmente che da Gaza, città industrie, l’aeroporto internazionale Ben Gurion. La zona poi non è compatta, ma simile alle colline della Toscana o delle Langhe, tutto un saliscendi di rilievi solcati da valli più o meno strette. Su queste terre è nato il popolo ebraico, tremilacinquecento anni fa e per tutti i mille anni del suo Stato questi, non la costa, sono stati i territori centrali del suo insediamento: qui si trova Gerusalemme e tutte le altre località in cui sono stati costruiti regge, santuari, tombe, insediamenti biblici.
Al momento attuale Giudea e Samaria sono divise in tre zone: la A sotto controllo integrale palestinese, la B, in cui l’Autorità Palestinese governa ma Israele gestisce la sicurezza (in entrambe è proibito l’ingresso ai civili israeliani e non ci sono abitanti ebrei), e la C che è sotto amministrazione israeliana e ospita tutti le comunità e i pionieri, in cui vi erano nel ’67 e vi sono ancora pochissimi abitanti arabi, in tutto il 4 % della loro popolazione. Data la struttura montuosa del territorio, non dovete figurarvi una divisione netta per fasce divise da confini lineari, come le nostre provincie o gli stati europei. Vi è invece un intreccio fittissimo e tortuoso. Ne trovate qui la mappa (http://mfa.gov.il/MFA/AboutIsrael/Maps/Pages/Judea%20and%20Samaria.aspx ) La zona C a sua volta si può dividere in tre parti: A Est c’è la Valle del Giordano e il deserto di Giudea che la sovrasta, relativamente vasto praticamente disabitato; a Ovest, vicino alla linea del cessate il fuoco del ’49 (quelle che gli ignoranti o i propagandisti palestinesi in malafede chiamano “confini del ’67”) e a Gerusalemme alcuni grandi blocchi di insediamenti dove vive buona parte dei pionieri, la cosiddetta “Seam Zone” (http://en.wikipedia.org/wiki/Seam_Zone). In mezzo c’è l’intreccio fittissimo fra cittadine e villaggi palestinesi e cittadine e villaggi israeliani: trenta case su una collina, cento in mezzo ai campi in fondo alla valle, una moschea di qua, una sinagoga di là, un cartello rosso che impedisce agli israeliani l’accesso a un paese, una barriera di sicurezza che tiene fuori i possibili aggressori da un altro paese. I campi si confondono, gli insediamenti si distinguono per modelli urbanistici e architettonici, ma è impossibile separarli, anche perché buona parte dei percorsi stradali sono gli stessi.
Per farlo bisognerebbe  espiantare tutti i villaggi di un popolo, lasciando solo quelli dell’altro e bisognerebbe anche eliminare la possibilità di raggiungere alcune comunità che si potrebbero salvare con un confine tortuoso, perché le strade verrebbero assegnate all’altra parte. Non stiamo naturalmente parlando di espellere sistematicamente gli arabi, perché questo Israele non l’ha mai fatto, neppure nella guerra del ’48, dove pure qualche distruzione di villaggi per ragioni belliche c’è stata, anche da parte israeliana, ma di cacciare gli ebrei – cosa che gli arabi hanno fatto senza problemi (guardate qui l’elenco della comunità ebraiche in quel territorio cancellate nel sangue fra il ’48 e il 49, certamente prima che si potesse parlare di qualunque “occupazione”: terreno regolarmente acquistato sotto il mandato inglese, dissodato con immensa fatica e distrutto in buona parte già prima della proclamazione dell’indipendenza di Israele:http://mfa.gov.il/MFA/AboutIsrael/Maps/Pages/Jewish%20Communities%20Lost%20in%20the%20War%20of%20Independence.aspx)
E’ ciò che vogliono i dirigenti dell’Autorità Palestinese e i politici e i media di mezzo mondo che li appoggiano. Si tratta solo della zona C, naturalmente, perché le zone A e B sono già in mano all’autorità palestinese e Judenrein. L’eufemismo per questa pulizia etnica si chiama ” independent and viable Palestinian state “, uno stato  palestinese indipendente e “praticabile”, come se ora le comunità arabe non fossero “praticabili”. E’ questo che vogliono i sostenitori dei “due stati”: due entità impermeabili e distinte, cioè in pratica l’espulsione degli ebrei da Giudea e Samaria (perché che cos’è un giudeo in Giudea? un’occupante, naturalmente, da eliminare, come ci ha detto un anziano pioniere che abbiampo incontrato in uno di questi villaggi). Ed è questo tipo di pace (“fecero il deserto e la chiamarono pace” Tacito) che sta diventando impossibile, come avverte drammaticamente Kerry (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Kerry-We-are-running-out-of-time-possibilities-for-peace-315352 ) e Livni (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Former-FM-Livni-set-to-unveil-plan-for-peace ), anche se in realtà gli stessi allarmi erano stati lanciati molte volte in passato (http://elderofziyon.blogspot.it/2013/06/the-window-of-opportunity-for-peace-is.html).
Le ragioni di questa crescente impossibilità ci sono state spiegate con grande rimpianto da un dirigente molto di sinistra del Keren Hayesod, un’organizzazione che avrebbe la missione di aiutare a costruire lo stato ebraico: c’è stato il terrorismo palestinese e la gente non si fida più della parola degli arabi ed è passato tanto tempo per cui i giovani considerano quei territori come nostri e non come semplici gettoni di scambio per la pace; è riluttante a cederli, non a restituirli. (e ha ragione dato che i “palestinesi” non li avevano mai posseduti, erano turchi dal ‘500, prima egiziani, crociati, siriani, bizantini e poi solo parte di un mandato britannico). Proprio così, anche perché ciò che Israele ha ceduto a partire dai trattati con l’Egitto e da Oslo è diventato sempre prima o poi una base per attacchi terroristici: il Libano del sud per Hezbollah, Gaza e ora il Sinai per Hamas, le zone A e B per il terrorismo delle intifade.
C’è un altro ostacolo fondamentale a questo tipo di “pace” ed è il fatto che l’Anp non è affatto disposto ad accontentarsi della distruzione dei villaggi intrecciati con quelli arabi nel centro del paese: vuole anche le altre due parti della zona C, il confine con la Giordania che senza il controllo israeliano diverrebbe un’autostrada per l’importazione di terroristi e i territori dei grandi blocchi vicino alla linea d’armistizio, ottime piattaforme per bombardare il cuore economico di Israele. In questa maniera fra l’altro, ancor prima di esercitare il vantaggio militare per il terrorismo, otterrebbe il caos più totale in Israele.
I pionieri al di là della linea verde sono il 10 % della popolazione ebraica: come potrebbe l’Italia spostare e risistemare 6 milioni di suoi cittadini, poniamo dai confini orientali (cioè tutti gli abitanti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia), senza crollare economicamente e socialmente sotto questo problema? Giustamente molti chiamano questa “pace” i confini di Auschwitz: la striscia centrale del paese sarebbe larga in certi punti una quindicina di chilometri, che a piedi si fanno in due ore e sono oggi esposte ai colpi di un’arma portatile a spalla; e anche la strada attuale per Gerusalemme sarebbe resa impossibile, dato che l’Anp rivendica anche la zona di Latrun che la interromperebbe.
Insomma, quella che si propone sotto la teoria dei due stati è semplicemente la distruzione di Israele, sulla base di un’appropriazione araba di territori che non appartengono loro ma hanno ottime ragioni per appartenere a Israele (http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jun/07/what-you-call-settlements-solid-moral-ground ). Naturalmente ci vuole un’alternativa, che può essere costruita in maniera creativa, partendo dal dato di fatto dell’incrocio di competenze e di poteri che si realizza in questo territorio.
Nell’area C vi è un doppio regime di dipendenza, territoriale e personale: il territorio è amministrato da Israele (nell’area B neppure quello, solo la sicurezza), ma le persone si riferiscono alla loro comunità. Per un arabo che vive in Area C, le tasse vanno pagate all’Anp, non a Israele, ed è l’Anp che concede la patente, amminstra la giustizia ecc. , mentre per gli ebrei lo fa Israele. Questo meccanismo potrebbe essere perfezionato, ambiti ulteriori di autonomia potrebbero essere ricavati, vi potrebbe essere una maggiore libertà di movimento degli arabi in Israele e degli ebrei nelle zone A e B (attualmente quest’ultima possibilità è molto più limitata della prima: ci sono parecchi arabi dell’Anp che lavorano in Israele, non l’inverso).
Tutto questo processo, naturalmente, dipenderebbe da una diminuzione progressiva della minaccia terroristica, che in Giudea e Samaria si vede solo in parte, per quanto riguarda gli attacchi organizzati con armi da fuoco, non per sassi e coltelli che possono essere altrettanto mortali, e certo non per Gaza). E dipenderebbe anche dalla fine della propaganda antisemita e stragista che domina il mondo arabo e in particolare i territori governati da Anp e Hamas. Questa è la strada lenta e difficile per la pace, non certo la costruzione di un’entità territoriale araba compatta in Giudea e Samaria che comporterebbe la distruzione delle comunità oltre la linea verde.
Questa è la convinzione che ho ricavato dal viaggio di studio che abbiamo fatto in questi territori e dai colloqui che ho avuto. So bene che è impopolare, considerata abominevole da chi pratica il politically correct. Ma di fatto si sta affermando, con scorno degli antisionisti. Che volete, i fatti sono ostinati.
 

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