Barack Obama s’è accorto che il nucleare iraniano è vicino.
Testata: La Stampa //*IC*
Data: 15 marzo 2013
Pagina: 28
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «L’Iran avrà l’atomica in un anno»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 15/03/2013, a pag. 28, l’articolo di Maurizio Molinari dal titolo ” L’Iran avrà l’atomica in un anno”.
Minacce di attacchi all’Iran e nessuna iniziativa sul negoziato con i palestinesi: così si presenta Barack Obama al pubblico israeliano in un’intervista tv in vista del viaggio della prossima settimana a Gerusalemme, Ramallah e Amman.
Era stato il vicepresidente Joe Biden ad anticipare al capo dello Stato Giorgio Napolitano l’approccio di Obama alla missione in Medio Oriente, dicendogli durante l’incontro alla Blair House: «In cima all’agenda vi sarà l’Iran». A confermare la previsione arriva l’intervista del presidente americano al «Canale 2» israeliano. «L’Iran ha bisogno di un anno o poco più per arrivare all’arma nucleare» dice Obama, aggiungendo: «Noi non vogliamo che si avvicini così tanto». È una frase che segna la convergenza di Washington con le stime di Gerusalemme sullo sviluppo del programma nucleare iraniano – esposte dal premier Benjamin Netanyahu durante l’intervento di settembre all’Assemblea Generale dell’Onu – ed è accompagnato da una chiara minaccia di attacco americano.
«Quando affermo che tutte le opzioni sono sul tavolo significa esattamente questo» aggiunge Obama, sottolineando che «gli Stati Uniti hanno molte capacità» per raggiungere «il nostro obiettivo di impedire all’Iran di possedere ordigni in grado di minacciare Israele o di innescare una corsa agli armamenti della regione».
Obama assicura di voler evitare che l’Iran riesca a emulare la Corea del Nord nel raggiungere l’atomica, adoperando un linguaggio teso a rassicurare Israele. E il Pentagono ci mette del suo rivelando che due caccia iraniani hanno fatto fuoco contro un drone Usa «senza colpirlo». «Chi afferma che non sono sufficientemente a favore di Israele lo fa per ragioni di politica interna, si tratta di circoli conservatori negli Stati Uniti e Israele» assicura Obama, affermando di «aver sempre ammirato Israele» e di «condividere l’opinione della maggioranza degli americani sul diritto degli israeliani a vivere sicuri nella patria del popolo ebraico». Ma non è tutto perché l’altro messaggio riguarda il processo di pace. Obama arriva in Medio Oriente «senza uno specifico piano di pace da offrire» ma «per ascoltare Netanyahu e i leader palestinesi» per «verificare come procedere verso una soluzione del conflitto capace di portare le parti a riconoscere i legittimi interessi dell’altra».
È un approccio teso a creare una nuova cornice per il rapporto con il rieletto Netanyahu nella consapevolezza che la Casa Bianca ha bisogno dell’avallo di Gerusalemme per tentare di raggiungere una qualsiasi intesa con i palestinesi. Per questo Obama non va oltre la richiesta a Netanyahu di «rafforzare i leader palestinesi moderati come Abu Mazen e Salam Fayyad» evitando riferimenti al tema che più ha creato frizioni con Israele negli ultimi anni: gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Le aperture di Obama a Netanyahu si spingono fino ad affermare che «è il leader con cui ho trascorso più tempo a parlare con chiarezza», lasciando intendere che se avrà qualcosa di spinoso da digli lo farà in privato.
A confermare l’intento di Obama di un «reset» nei rapporti con lo Stato ebraico c’è l’agenda di una visita che, secondo le indiscrezioni, contiene molte novità. Il presidente infatti parlerà non alla Knesset ma ad un pubblico di duemila giovani a Gerusalemme e anziché andare al Muro del Pianto farà tappa al Museo Israel e sulla tomba di Theodor Herzl, padre del sionismo. L’intento sembra essere di voler dialogare con la nuova generazione di israeliani. Forse anche per questo al «Canale 2» assicura: «Vorrei mettermi i baffi e passeggiare fra i locali di Tel Aviv, incontrando gli studenti in maniera informale». L’altra novità riguarda le tappe palestinesi perché non c’è la spianata della moschea a Gerusalemme bensì la Chiesa della Natività a Betlemme, per sottolineare il rispetto dei diritti dei cristiani.
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