SHOAH – Versi dal lager. Il caso Ilse Weber.
Escono dal dimenticatoio la storia e le poesie inedite della poetessa cecoslovacca prima prigioniera a Theresienstadt e poi morta ad Auschwitz con uno dei suoi figlioletti.
Quando finirà la sofferenza? Lettere e poesie da Theresienstadt (Lindau, Torino 2013) è il frutto di due ritrovamenti: il primo del 1945, quando il marito di Ilse, Willi Weber, tornato ad Auschwitz, riportò alla luce da dove le aveva sepolte, a Theresienstadt, una cinquantina di poesie composte nel campo dalla moglie Ilse, assassinata insieme al figlio Tomás. Il secondo è del 1977, ed è il ritrovamento delle lettere scritte da Ilse alla sua più cara amica, Lilian, a cui nel 1939 aveva affidato il primo figlio, Hanus, per sottrarlo ai nazisti.»
«Se la storia dei Weber è in sé una storia straordinaria, le poesie composte nel campo da Ilse sono di una struggente bellezza, mentre le sue lettere a Lilian […] sono un eccezionale e vivissimo ritratto, oltre che della sua vita, dei suoi affetti e della sua arte, anche del suo paese, la Cecoslovacchia, man mano che l’ombra dell’antisemitismo e di Hitler si faceva più vicina.»
Anna Foa – «Avvenire»
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Quando finirà la sofferenza?
Lettere e poesie da Theresienstadt
con la presentazione del figlio, Hanus Weber
prefazione di Ulrike Migdal
edizione italiana e traduzione a cura di
Susanne Barta e Manfredo Bertazzoni
pagg. 296 – euro 24,50 – ill. – ISBN 978-88-7180-963-2
IN LIBRERIA DAL 24 GENNAIO 2013
EDIZIONI LINDAU, Torinowww lindau it
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In un celebre dipinto di Malva Schalek, Ilse Weber è raffigurata mentre canta accompagnandosi con la chitarra per gli altri internati.
Le poesie e i canti per voce femminile e piano che Ilse Weber scrisse a Theresienstadt sono uno degli esempi più alti dell’arte nata nei campi di sterminio e sono oggetto di un interesse crescente, non solo storiografico.
Le sue opere infatti hanno ispirato artisti quali la grande soprano Anne Sofie von Otter e sono state al centro di una mostra allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme.
Il campo di concentramento di Theresienstadt, nei pressi di Praga, divenne operativo il 24 novembre 1941. Secondo la propaganda nazista era “riservato” agli ebrei di condizione “privilegiata” e ai loro bambini, cui venne consentito di continuare il percorso educativo: l’ennesima mistificazione.
Le 60 poesie che Ilse Weber scrisse a Theresienstadt (tutte pubblicate in questo volume, in prima traduzione italiana) e le lettere (di cui c’è una ricca selezione) sono un documento di grande valore storico e culturale, ma soprattutto sono la testimonianza eccezionale di una donna coraggiosa che non perse mai la speranza.
Raccolte e seppellite in un capanno degli attrezzi prima del trasporto finale ad Auschwitz (avvenuto nell’ottobre 1944), sono state miracolosamente recuperate dal marito dopo la liberazione e riunite con altre ottenute direttamente dai sopravvissuti.
Se lei non ebbe scampo, il suo ricordo si conservò infatti tenacemente nei cuori dei suoi compagni di sventura. Non potevano dimenticare come la sua poesia avesse illuminato il buio della vita nel lager, dando loro la forza di continuare a sperare.
Il libro rievoca la sua figura, il legame profondo con i bambini del campo, la vita da deportata, la morte, il destino del marito e del figlio Hanus sopravvissuti alla tragedia e custodi della sua memoria.
«Quali ricordi ho di mia madre?». Non so quante volte mi hanno rivolto questa domanda negli ultimi settant’anni. Detto sinceramente: che cosa può sapere un bambino di otto anni di sua madre’ Che cosa può ricordare di lei? La carezza dopo la caduta in monopattino. Il bacio della buona notte. La mano ferma che mi teneva mentre attraversavamo le gelide acque del fiume di Ostravice e io pensavo di non riuscire ad arrivare dall’altra parte. I suoi occhi disperati mentre ci salutavamo alla stazione di Praga, prima della partenza di quel treno pieno di bambini ignari, che andavano verso la sconosciuta Inghilterra, circondati dalla fredda indifferenza dei robot della Wermacht e della Gestapo…
Così Hanus Weber, nell’incipit del testo dedicato alla madre, che con quell’atroce distacco gli ha salvato la vita.
17 dicembre 1941
Mio caro piccolo figlio!
Oggi festeggi il tuo compleanno per la terza volta all’estero. Non puoi immaginare come mi piacerebbe apparecchiare la tavola per la tua festa, con quanto amore avrei preparato i tuoi regali e fatto una vera torta di compleanno. Penso soltanto come sarebbe bella la festa di compleanno e come avremmo festeggiato! Invece il destino decide diversamente. Tu devi abitare in terra straniera, e noi qui. Ma non dobbiamo essere tristi! Tu hai tutto ciò che io desidero per te. Hai amore, una casa, libertà e pace. Vedi, qui da noi avresti avuto solo l’amore! L’amore – e soprattutto il mio per te – è molto, ma io volevo che tu potessi avere anche tutto il resto, che noi qui non abbiamo più da molto tempo.
Così oggi posso mandarti soltanto i miei baci caldi, bacio i tuoi cari occhi e la fronte. E ti auguro che la tuo vita futura sia sempre felice come oggi, e che tu non debba mai conoscere una vita come la nostra!
Sii sempre affezionato a noi, mio Hanusku, forse arriverà comunque il giorno felice in cui torneremo a vivere tutti insieme e potremo fare le nostre feste di famiglia, esattamente come una volta.
La tua Mamicka.
Ilse Weber (11 gennaio 1903 – ottobre 1944) Gennaio 2013: 110 anni dalla nascita
è stata una poetessa e scrittrice cecoslovacca, di religione ebraica e di lingua tedesca.
In seguito all’invasione nazista del suo Paese, nel febbraio del 1942 venne deportata a Theresienstadt con uno dei suoi due figli, Tommy. Quando nell’ottobre del 1944 il marito fu deportato ad Auschwitz, Ilse volle raggiungerlo insieme al figlio. Non appena vi arrivarono, vennero uccisi nelle loro camere a gas. Il marito invece sopravvisse e morirà trent’anni dopo, accudito dal figlio più grande, Hanus, scampato a suo tempo dalla deportazione, grazie anche al sacrificio di sua madre.
Nella stessa collana, il nuovo romanzo
FRANCESCO ROAT
I GIOCATTOLI DI AUSCHWITZ
pagg. 294 – euro 19,50 – ISBN 978-88-7180-041-0
Il piccolo Ruben è un «giudeo cacasotto»: così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c’è tempo, alla stazione c’è un treno che aspetta.
IN LIBRERIA DAL 24 GENNAIO 2013
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