Quando il matrimonio islamico diventa pedofilia.
Testata: Informazione Corretta Data: 10 novembre 2012 Autore: Annalisa Robinson.
Commento di Annalisa Robinson.
Continuano le sconcertanti rivelazioni sugli abusi sessuali commessi da star della televisione inglese su ragazzi e ragazze anche minorenni: Gary Glitter, Freddie Starr, e soprattutto il defunto Jimmy Savile, che per decenni avrebbe addirittura abusato di ragazze disabili o comunque ricoverate nell’ospedale di Stoke Mandeville, per il quale raccoglieva instancabilmente fondi. Si parla di varie centinaia di casi, e lo scandalo investe la BBC: vari dirigenti erano al corrente della situazione ma hanno deciso di “sorvolare”, in quanto all’epoca comportamenti del genere all’interno dell’organizzazione erano comuni nei confronti delle donne. Anche all’ospedale si preferiva ignorare questi episodi (si parla anche di complicità), e le vittime stesse non osavano parlarne in quanto Savile era una figura popolarissima e di alto profilo, soprattutto grazie alle sue notevoli opere di beneficenza. Adesso l’omertà è finita e cominciano a cadere le teste. Bene (anche se bisogna sempre distinguere tra abusi veri e pretesi abusi, come sempre accade quando c’è la possibilità di un risarcimento consistente).
Tuttavia, che dire del silenzio che, dopo una breve ondata di indignazione in settembre, è calato nuovamente sulla questione dei matrimoni islamici forzati con minorenni? In settembre, il Sunday Times mette in prima pagina un reportage di Mazher Mahmood e Marie Woolf, poi ripreso da quasi tutte le testate britanniche: fingendo di essere padre di una dodicenne e di voler farla sposare per sottrarla alle tentazioni dello stile di vita occidentale, un reporter consulta due imam, che si dichiarano entrambi disposti a celebrare le nozze pur essendo consapevoli di operare al margine della legalità. Uno dei due, Mohamed Kassamali, è l’imam della moschea di Peterborough, da lui definita la “prima moschea sciita d’Europa”; l’altro è Abdul Haque, un imam in pensione che frequenta la moschea di Shoreditch a Londra est. Al finto padre, Kassamali dice: “Se non fosse possibile, ve l’avrei detto subito […] Vorrei che la ragazzina si recasse nella casa dello sposo il più presto possibile, più giovane è meglio è”. Poi: “Secondo la sharia non ci sono problemi […] Dice che i primi segni di pubertà della sposa devono manifestarsi nella casa del marito. Il problema è che, se la ragazzina andasse dalle autorità domani, non potremmo spiegare queste cose.L’altro problema è l’età, e se la ragazzina è, diciamo, costretta a sposarsi, e domani va a raccontare tutto alla polizia, allora saremo tutti nei guai “. Haque è sulla stessa lunghezza d’onda: “Dite che si tratta di un fidanzamento, anche se in realtà è un matrimonio. Nell’Islam, una volta che la ragazzina arriva alla pubertà il padre ha tutti i diritti, i genitori hanno tutti i diritti, ma secondo le leggi di questo Paese, se la ragazzina protesta che il matrimonio è stato combinato e che lei non aveva l’età per sposarsi, allora la persona che ha celebrato le nozze, la madre e il padre finiranno in prigione. […] Nessuno deve sapere e la ragazzina non deve lamentarsi con nessuno…. Se ne parla a scuola la porteranno via, i servizi sociali la porteranno via, e poi voi ed io saremo nei guai.”
Quindi spiega che Maometto aveva sposato una bambina di sette anni, e aggiunge: “Noi siamo i suoi seguaci, ed è questo che deve spiegare a sua figlia.” Parole che la dicono lunga sulle possibilità offerte da quella che è, in assenza di una chiara legislazione, una vasta zona grigia, in cui la legge inglese accetta di incorporare parte della sharia.
Secondo la sharia, infatti, il matrimonio si può celebrare a partire dal momento in cui si manifesta la pubertà della ragazzina, con il consenso di entrambi gli sposi; dopo le nozze, gli sposi possono vivere insieme e avere rapporti coniugali. Secondo la legge inglese, invece, ci si può sposare a 16 anni, anche se per i sedicenni e i diciassettenni deve esserci il consenso di almeno un genitore.
I matrimoni islamici non sono riconosciuti dalla legge, per cui le cerimonie religiose dovrebbero essere accompagnate da un rito civile, ma non sono illegali, anche se uno degli sposi, o entrambi, hanno meno di 16 anni.
Tuttavia, siccome anche l’età del consenso in Gran Bretagna è 16 anni, lo sposo rischia l’incriminazione per violenza sessuale se ha rapporti coniugali con una moglie al di sotto di quell’età. Insomma, un pasticcio.
Cosa fa il governo? Nel 2005 è stato fondato un ente governativo (il Forced Marriage Unit), che dovrebbe appunto occuparsi di matrimoni forzati indipendentemente dall’età degli sposi. Secondo il Sunday Times, nel 2011 l’ente ha processato 1468 casi, 14% dei quali riguardavano ragazzi al di sotto dei 16 anni. La persona più giovane aveva 5 anni, la più anziana 87. Numeri che fanno rabbrividire. I brividi aumentano quando si considerano le stime annuali, secondo le quali ogni anno si celebrano fra 5000 e 8000 matrimoni forzati in cui almeno uno degli sposi è cittadino britannico. La cifra è più elevata secondo le organizzazioni che si battono contro i matrimoni forzati, come la Secular Society, il movimento One Law for All, e l’Organizzazione per i Diritti delle Donne Iraniane e Curde, diretta dalla tostissima Diana Nammi. Inoltre, su 8000 matrimoni più di mille (uno su sette secondo Mahmood e Woolf) riguardano ragazze di 15 anni o più giovani, compresa la piccola di cinque anni a cui si è accennato più sopra.
Dal 2008 i tribunali hanno il potere di emettere degli ordini di protezione (Forced Marriage Protection Orders, o FMPO) nei confronti di persone sospettate di forzare altre persone a contrarre matrimonio. Il mancato rispetto di questi ordini è un reato ai sensi del diritto civile e considerato alla stregua di oltraggio alla corte. Fra il 2008 e il 2011 ne sono stati emessi 414 – un numero che, raffrontato a quello dei matrimoni forzati su base annua, fa capire come la misura sia inadeguata.
In giugno, il premier David Cameron ha detto che avrebbe introdotto il reato di matrimonio forzato. Una volta uscito il reportage del Sunday Times, il Ministero degli Interni ha promesso che nella redazione della legge sui matrimoni forzati, ancora in cantiere, i matrimoni islamici che coinvolgono un minore potrebbero essere definiti come fuorilegge. Il parlamentare laburista Jim Fitzpatrick, dal canto suo, intende proporre un emendamento alla legge in questione proprio a questo scopo. Il Ministero ha anche emesso un comunicato in cui dichiara i matrimoni con minori “completamente inaccettabili e illegali”, aggiungendo, cosa molto importante, che “la sensibilità a fattori culturali e la ricerca di un atteggiamento politicamente corretto non devono ostacolare e non ostacoleranno la prevenzione e l’identificazione di questi abusi.”
C’è che plaude a queste intenzioni, come l’avvocato Anne-Marie Hutchinson, un’esperta di matrimoni forzati, che auspica l’intervento dei servizi sociali e l’incriminazione di genitori e imam. Altri invece ritengono che una legge del genere renderà il problema ancora più sommerso, perché le vittime, cresciute in un contesto familiare gerarchico e molto plasmante, preferiranno non esporre i propri familiari al rischio di arresto e condanna.
E i due imam del reportage? L’imam londinese si limita a non rispondere al telefono, ma la parlamentare laburista nella cui circoscrizione si trova la sua moschea ha annunciato che si rivolgerà al Forced Marriage Unit per chiedere un’indagine ufficiale. Quello di Peterborough si è dimesso, almeno ”temporaneamente”. Ha tentato di difendersi ricordando che nella registrazione lo si sentiva dire che avrebbe officiato la cerimonia soltanto con il consenso della ragazza, ma non è bastato.
“Parlare di consenso è una sciocchezza,” ha ribattuto Diana Nammi dell’Organizzazione per i Diritti delle Donne Iraniane e Curde. “Come può una bambina acconsentire a sposarsi?” Il Centro Islamico Husaini di Peterborough ha emesso un comunicato nel quale dirigenti e membri del Centro dichiarano di “non riconoscere” quanto detto dall’imam Kassamali, e di avere dato inizio a un’indagine indipendente e completa sull’episodio. Dice il comunicato: “Un certificato legale di matrimonio civile è un requisito necessario per ogni matrimonio islamico (Nikah) celebrato ufficialmente al Centro Islamico Huseini. Noi rispettiamo le leggi dello Stato e sin dalla fondazione non sono stati condotti matrimoni con minori nel Centro Islamico Husaini, né tali matrimoni verranno autorizzati in futuro. Riteniamo che la pratica dei matrimoni forzati sia abominevole, riprovevole e completamente estranea all’Islam, e sosteniamo il Forced Marriage Unit formato dal Governo nel tentativo di affrontare questo problema.”
Belle parole. Però Farooq Murad, del Muslim Council of Britain, non di un centro islamico qualsiasi, ha detto: “Siamo fortemente contrari [al matrimonio forzato con minori] per il fatto che è illegale secondo le leggi dello Stato in cui viviamo e anche secondo la sharia è molto discutibile.” Illegale? Discutibile? Non dice che si tratta di abuso di minori; che sposare ragazzine a uomini adulti che non conoscono neppure è immorale e basta, a prescindere dalle leggi dello Stato; e per quanto riguarda la sharia, si limita a dire che tale matrimonio è “discutibile”, insomma non è certo se sia accettabile o meno.
E mentre la gente normale, che lavora nelle scuole, negli asili o in altri luoghi in cui ci siano minori, deve pagare per sottoporsi a controlli obbligati invadenti e spesso nemmeno necessari (i famosi “CRB checks”), le ultrazelanti autorità competenti, sempre forti con i deboli e deboli con chi si fa sentire, produttrici di forbiti comunicati e applicatrici di leggi dello Stato, continuano a chiudere gli occhi.
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