La busta paga per i terroristi.
Testata: Informazione Corretta Data: 05 settembre 2012 Autore: Ugo Volli.
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.
Cari amici, che cosa pensate dei terroristi? Tutto il male del mondo, condivido: vigliacchi, assassini, spregiatori della vita umana, nemici dell’umanità. Ma questi sono giudizi. La mia domanda era un po’ diversa. Secondo voi, che tipi sono? Che motivazioni hanno? Come si forma la loro scelta? Ecco, credo che su questo sappiamo poco. Una sociologia e una psicologia del terrorismo contemporaneo, che ormai è al 90% islamico, è tutta da scrivere.
Abbiamo in mente dei modelli letterari, come lo Stavrogin dei “Demoni” di Dostoevski o il Mersault dello “Straniero” di Camus: gente incomprensibile, che agisce per “nichilismo”, cioè per nessuna ragione, ma molto “romantica”. Oppure abbiamo memorie storiche, da Felice Orsini a Bresci alle Brigate Rosse, “compagni che sbagliano” e agiscono sulla base di impulsi politici più o meno deliranti, ideologie confuse, ma pur sempre fondate su una scelta solitaria, su una ribellione.
Be’, per quel che ho capito il terrorismo islamico non funziona affatto così. Non è una scelta individuale, ma sociale, c’è una forte pressione in questo senso, un indottrinamento che inizia dall’infanzia (per esempio è fittissimo nelle scuole palestinesi, nella televisione ecc.).
Ed è anche una condizione, come dire, professionale consolidata assai più che una vocazione ribelle. Se la si considera sul piano individuale, appare insensata: che ragione ci può essere di andare ad ammazzarsi facendosi esplodere in mezzo a persone perfettamente sconosciute, come a continuano a fare i terroristi islamici non solo contro Israele, ma anche nei conflitti interarabi, in Siria, in Iraq, in Pakistan? La ragione va ricercata a livello familiare, è una cosa che acquista senso se si pensa alle conseguenze che lascia sulla famiglia e sul clan: conseguenze di status, ma anche economiche.
Mi spiego. E’ uscita ieri la notizia degli stipendi che l’Autorità Palestinese paga ai terroristi e ai loro familiari. Ogni mese e circa 4,5 milioni di dollari vanno ai detenuti condannati per terrorismo nelle carceri israeliane; circa 6,5 milioni alle famiglie dei terroristi suicidi. Non è un’assistenza generica per i bisogni urgenti: c’è un tariffario preciso. A un detenuto con condanna da 1 a 3 anni vanno 250 dollari al mese; fra i tre e i cinque anni diventano 400, per un ergastolo lo stipendio è di 1000 dollari al mese. Un terrorista seriale come il fabbricante di bombe Abdullah Barghouti incassa 1000 dollari, destinati a uno “scatto” alla fine dell’anno – dato che ci sono anche gli aumenti programmati – quando diventeranno 1500. Il più pagato in questa scala criminale è un tal Abbas al-Sayyeed, colpevole della strage del Park Hotel di dieci anni fa, in cui fece uccidere 30 israeliani, che riceve un assegno di 3000 dollari. Questi sono gli stipendi, ma poi come dicevo ci sono gli scatti di anzianità e anche gli assegni familiari: 60 dollari per la moglie e 15 per ogni figlio. Naturalmente non ci sono distinzioni per tipo di crimine: bombaroli, sgozzatori, violentatori, torturatori, quelli che preparano gli esplosivi e quelli che li sistemano, quelli che fanno gli agguati e quelli che ammazzano i neonati con le loro mani. Non c’è differenza: tutti patrioti, sono, tutti “soldati della Palestina”, investiti della condizione professionale del terrorismo, tutti a regolare busta paga.
Questi pagamenti incidono pesantemente, circa per il 6 %, sul bilancio dell’Autorità Palestinese, perennemente in crisi e mantenuto in sostanza dai contributi europei e americani (http://www.timesofisrael.com/cash-strapped-pa-spends-4-5-million-per-month-compensating-security-detainees/), il che significa che in sostanza lo stipendio ai terroristi in buonba parte lo paghiamo noi con le nostre tasse: non lo immaginavate questo, vero? Altro dettaglio molto significativo: nonostante tutti i conflitti interni le lotte e anche gli ammazzamenti, l’Autorità Palestinese paga gli stipendi per tutti i terroristi, sia i suoi (di Fatah) che quelli di Hamas e dei vari gruppuscoli terroristi. E se ci pensate, è ben comprensibile: ammazzare gli ebrei è un compito nazionale che definisce i palestinesi in quanto tali. Perché fare differenze, dunque? Il che conferma che il senso nazionale, la definizione non individuale ma collettiva della “Palestina” sia il terrorismo: non un incidente ma una missione per la leadership, non una vocazione ma un lavoro regolare per i terroristi.
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