Contare i rifugiati della Palestina?
di Daniel Pipes
National Review Online
29 maggio 2012
http://it.danielpipes.org/11394/contare-rifugiati-palestina
Pezzo in lingua originale inglese: Count Palestine Refugees?
La fetida e oscura essenza della guerra araba contro Israele, come asserisco da molto tempo, non risiede nelle dispute su Gerusalemme, sui posti di controllo né sugli “insediamenti”. Piuttosto, essa riguarda i cosiddetti rifugiati palestinesi.
Chiamati così grazie a circa 5 milioni di rifugiati ufficiali di cui si occupa l’Unrwa (acronimo inglese che sta per, United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East ossia Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’assistenza ai profughi palestinesi), solo l’1 per cento circa è costituito da veri rifugiati che rientrano nella definizione dell’agenzia secondo cui essi “sono persone il cui normale luogo di residenza tra il giugno 1946 e il maggio 1948 era la Palestina e che hanno perso sia le loro case che i mezzi di sussistenza a seguito del conflitto arabo-israeliano del 1948”. L’altro 99 per cento è rappresentato dai discendenti di questi profughi, ossia quelli che io chiamo falsi rifugiati.
In modo assurdo, nel 2009, l’Unrwa ha festeggiato il suo 60° anniversario, come se questo fosse motivo d’orgoglio. |
Peggio ancora, quelli che erano in vita nel 1948 stanno morendo e in una cinquantina di anni non un solo rifugiato vero rimarrà vivo, mentre (se si estrapolano i dati di un’autorevole stima di Mike Dumper pubblicata nel Refugee Survey Quarterly) i discendenti dei falsi rifugiati saranno circa 20 milioni. Questa popolazione crescerà rapidamente e in modo incontrollato sino alla fine dei tempi.
Ciò è importante perché lo status di rifugiati ha degli effetti dannosi: danneggia la vita di questi milioni di non-rifugiati privandoli dei diritti civili ed elettorali e imponendo loro un brutto e irrealistico sogno irredentista; peggio ancora, poi, lo status di profughi fa sì che loro continuino a essere un pugnale permanente rivolto contro il cuore di Israele, minacciando lo Stato ebraico e sconvolgendo il Medio Oriente.
In breve, per risolvere il conflitto arabo-israeliano è necessario porre fine all’assurda e nociva farsa della proliferazione dei falsi rifugiati palestinesi e di trovare loro una sistemazione permanente. Il 1948 è passato. È ora tempo di scendere dalle nuvole!
L’emendamento, proposto da Mark Kirk (un repubblicano dell’Illinois), richiede che il Dipartimento di Stato informi il Congresso sull’utilizzo dei 240 milioni di dollari annui che i contribuenti americani donano direttamente ai rifugiati palestinesi attraverso l’Unrwa. Quanti sono i destinatari, si domanda Kirk, che rientrano nella definizione dell’Agenzia dell’Onu sopra citata che ne fa dei veri e propri rifugiati? E quanti non lo sono, essendo i discendenti di quei rifugiati?Sono orgoglioso di dirvi che anche grazie al lavoro svolto negli ultimi anni dal Middle East Forum, nelle persone di Steven J. Rose e del sottoscritto, il 24 maggio scorso, la Commissione per gli stanziamenti di bilancio del Senato americano ha approvato all’unanimità un emendamento limitato, ma in fieri importante, al disegno di legge di 52,1 miliardi di dollari per gli stanziamenti di bilancio, previsti per l’esercizio finanziario 2013, del Dipartimento di Stato e delle operazioni estere.
L’emendamento di Kirk non esige l’eliminazione e neppure la riduzione dei benefici ai falsi rifugiati. Nonostante la sua natura limitata, Kirk definisce l’obbligo informativo un “fattore decisivo”. Anzi, ciò ha suscitato quello che un alto funzionario del Gop al Senato ha detto essere “un’enorme opposizione” da parte del governo giordano e della stessa Unrwa, portando a quello che Josh Rogin della rivista Foreign Policy ha chiamato una battaglia furiosa.
Perché andare su tutte le furie? Perché se il Dipartimento di Stato fosse costretto a differenziare i veri profughi palestinesi da quelli falsi, gli Stati Uniti e gli altri governi occidentali (che insieme assicurano la copertura di oltre l’80 per cento del bilancio dell’Unrwa) potrebbero alla fine decidere di tagliare fuori i falsi rifugiati e quindi indebolire la loro rivendicazione di un “diritto al ritorno” in Israele.
Inoltre, prevedendo “una reazione negativa molto forte [all’emendamento] da parte dei palestinesi e dei nostri alleati nella regione, in particolare la Giordania”, Nides ha invitato gli arabi a fare delle pressioni sul Senato americano, una gretta manovra indegna del Dipartimento di Stato.Purtroppo, l’amministrazione Obama ha raffazzonato la questione. Una lettera del vicesegretario di Stato Thomas R. Nides che si opponeva a una precedente versione dell’emendamento di Kirk dimostra una completa incoerenza. Da un lato, Nides asserisce che Kirk, costringendo il governo a esprimere pubblicamente un giudizio sul numero e sullo statusdei rifugiati palestinesi (…), pregiudicherebbe e determinerebbe l’esito di questa delicata questione”. Dall’altro lato, lo stesso Nides fa riferimento alla cifra di “circa 5 milioni di rifugiati della Palestina”, accomunando così i veri e i falsi profughi – e pregiudicando proprio la questione che lui desidera lasciare aperta. Parlare di quei 5 milioni di rifugiati non è stato un tiro fortunato; quando gli sono state chieste informazioni in merito, il portavoce del Dipartimento di Stato Patrick Ventrell ha confermato che “il governo Usa sostiene” il principio guida di “riconoscere i discendenti dei rifugiati come profughi”.
In tutti i 64 anni di vita di Israele, un presidente americano dopo l’altro ha deciso di risolvere il conflitto arabo-israeliano ignorando, però, l’aspetto più pericoloso di questo conflitto: lo sfruttamento della questione dei rifugiati finalizzato a sfidare la reale esistenza dello Stato ebraico. Un plauso al senatore Kirk e al suo staff per la saggezza e il coraggio mostrati nel tentare di affrontare delle realtà spiacevoli avviando un cambiamento che finirà per arrivare al cuore del conflitto.
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