Testata: Informazione Corretta Data: 12 maggio 2012 Autore: Giovanni Quer.

 

Due recenti sentenze della Corte Suprema confermano la politica giudiziale di “quamquam inter arma persistunt leges” – ancorché in mezzo alle armi, le leggi persistono. Il complicato rapporto tra sicurezza e stato di diritto può portare alla negazione dei diritti fondamentali in virtù dello stato di necessità, oppure al perseguimento di una politica di suicidio dello stato in virtù di un approccio garantista. Israele offre un esempio di equilibrio radicato nel sistema giuridico in cui si deve garantire la sopravvivenza dello stato senza per questo costringere la sfera dei diritti.
La sentenza della Corte Suprema 3091/99 (8 maggio 2012) rigetta la richiesta dell’Association for Civil Rights in Israel (ACRI) di sospendere lo stato di emergenza in vigore dal 1948. I giudici riconoscono la continua minaccia posta dalle organizzazioni terroristiche (Hamas, Hezbollah e Jihad Islamica in particolare), il pericolo ai confini derivante dai movimenti denominati “primavera araba” e la questione iraniana. Tuttavia, pur non ritenendo che l’esistenza dello stato non sia più in pericolo, la Corte si è espressa sulla legislazione adottata in virtù dello stato di necessità, evidenziando i lavori della Commissione Interministeriale sulla” Legislazione di Emergenza “, che da quasi vent’anni individua le falle del sistema, rafforza i meccanismi di tutela e consiglia nuova legislazione.
Il sistema delle “commissioni interministeriali” è stato spesso sperimentato in Israele su questioni di particolare rilevanza. Si tratta di istituzioni costituite con un mandato specifico su questioni di rilevanza nazionale, sociale o politica. Sono composte da membri dei diversi poteri e del mondo accademico, con competenze di indagine o di parere. La Commissione Interministeriale sulla Legislazione di Sicurezza ha individuato i punti critici nelle leggi di emergenza e nella loro applicazione, che restringevano eccessivamente i diritti in favore della sicurezza. I giudici hanno lodato il lavoro finora svolto esortando la Commissione a continuare su questa linea.
Per capire come la sicurezza sia ancora un tema centrale nella pratica giuridica israeliana, si può leggere la sentenza 3128/12, in cui la Corte approva il rinnovo semestrale della detenzione amministrava di Mahmoud Masalmani, militante di Hamas, arrestato per attività terroristiche, rilasciato e arrestato nuovamente per aver accoltellato un cittadino israeliano. Il prolungamento della detenzione amministrativa è questione complicata perché sfugge al controllo di un giudice essendo disposto da un’autorità di polizia o militare. La Corte ribadisce che il periodo di detenzione amministrativa (della durata massima di sei mesi) è misura eccezionale per questioni di sicurezza, tuttavia permette il rinnovo solo se in presenza di prove che dimostrino la persistenza della pericolosità del soggetto.
La politica giudiziale di maggiore limitazione all’applicazione delle misure di emergenza è seguita dalla politica del governo nei territori. Dal 2008, l’esercito israeliano ha evacuato 30 checkpoint, rimanendo solo in 11 posti chiave a ridosso della Linea verde. Sono stati rimossi anche i sei posti di blocco stradali che impedivano il libero accesso a Nablus, Tulkarem, Balata e  Ariel, il che significa che dalla Samaria alla Giudea si può ora viaggiare trovando un solo checkpoint attraversando le zone C e nemmeno uno attraverso le zone A (amministrazione palestinese). La calma generale ha fatto anche tornare gli israeliani a far la spesa in vari villaggi della West Bank, come prima dell’Intifada, anche se le autorità militari invitano alla prudenza.
Si può affermare che con il lavoro della Corte Suprema e della Commissione Interministeriale si sia creato un sistema per far vivere lo stato di diritto in emergenza. La legislazione adottata come “misura eccezionale per lo stato di emergenza” è progressivamente sostituita (ad un ritmo alle volte troppo lento, secondo i giudici) da una legislazione di lotta al terrorismo la cui portata innovativa consiste nel far vivere lo stato di diritto nell’emergenza.
Il giudice Elyakim Rubinstein scrive: “Israele è uno stato normale, che non è normale. È normale perché è una democrazia in cui i diritti fondamentali (…) sono tutelati, realizzando attraverso di essi il suo fine di stato ebraico e democratico. Non è normale perché ancora non sono cessate le minacce di cui è vittima sin dalla sua creazione, come unica democrazia al mondo che deve convivere con una tale minaccia, e perché devono ancora dirimersi le controversie coi vicini. Ancora non è giunto il tempo in cui ciascuno ‘potrà sedersi sotto la sua vite e sotto il suo fico’ (Michea 4:4).  La lotta al terrorismo continua, e continuerà anche nel prossimo futuro. Tuttavia è ora che la legislazione di emergenza si adatti a una democrazia che ha compiuto 64 anni. La sfida consiste nel creare un diritto che disciplini al contempo l’aspetto normale e quello eccezionale. È un obiettivo raggiungibile. ‘Non è nel cielo’ (Deut. 30:12)”. (sentenza 3091/99, 8 maggio 2012, par. 18).
 

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