Egitto: adesso la realtà dovrebbe essere chiara per tutti. Sarà così ?
Testata: Corriere della Sera Data: 27 maggio 2012 Pagina: 18 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: «La rivoluzione tradita dei giovani egiziani ‘ci hanno esclusi’» //*IC*
Soltanto la cecità dell’Occidente poteva scambiare la ‘primavera araba’ per un reale cambiamento, quando bastava una superficiale conoscenza dei regimi arabo-musulmani per rendersi conto di quel che stava succedendo. Che non è chiaro ancora a molti, se guardiamo alle dichiarazioni di Obama, a quelle nostrane di Monti al Cairo e di Napolitano a Tunisi. Anche Ugo Tramballi, sul SOLE 24ORE di oggi, pur eseguendo un ribaltone a 360 gradi sulle sciocchezze che ha scritto finora,continua a ripetere le solite litanie, dimostrando la precisa volontà di non urtare nessuna sensibilità del prossimo regime egiziano. Meglio Cecilia Zecchinelli, che sul CORRIERE della SERA, oggi 27/05/2012, a pag.18, con il titolo “La rivoluzione tradita dei giovani egiziani ‘ci hanno esclusi’ “, almeno dà voce ai ‘giovani traditi’ . Dichiarazioni evidenziate in pagina accanto all’articolo che qui riprendiamo.
DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO — La Rivoluzione è morta, viva la Rivoluzione: in un Egitto ancora sconvolto dalla vittoria al primo turno delle presidenziali di Mohammed Morsi e Ahmed Shafiq — candidato dei Fratelli musulmani il primo, ex generale e uomo del vecchio ordine il secondo — grande protagonista del dibattito è tornata la thawra, la rivoluzione del 25 gennaio. Invocata ieri dai due vincitori per garantirsi al ballottaggio del 16 giugno i voti di chi sogna ancora di cambiare l’Egitto, rimpianta e pianta come tradita da molti giovani del grande popolo di Tahrir. «Proprio Shafiq adesso ha il coraggio di definire “gloriosi” quei 18 giorni di gioia ma anche di sangue, lui che fu l’ultimo premier di Hosni Mubarak. Morsi chiama i leader rivoluzionari a unirsi a lui per sconfiggere il passato. È uno scandalo assurdo», dice Shayma Kamel, attivista e artista dalle lunghe trecce che nella piazza simbolo della Primavera araba ha manifestato fin dall’inizio. «Due miei amici sono stati uccisi un anno fa da quel sistema che oggi Morsi e Shafiq rappresentano in pieno. E come chiunque mi sia vicino non andrò al ballottaggio. Sono delusa, sotto choc». Tornare a Tahrir? Per Shayla è ancora presto, il colpo della vittoria dei due «nostri peggiori nemici» è troppo recente. Ma lei pensa in fondo che non servirebbe. Contro chi protestare? Le elezioni, in teoria, sono state democratiche anche se ieri il candidato dei riformisti arrivato terzo, Hamdin Sabahi, ha denunciato brogli. «Al Paese serve tempo e cultura per cambiare. Ma intanto noi siamo persi — ammette —. E come donna, attivista, artista e futura madre mi chiedo che mondo mi attende». Lo smarrimento è diffuso. Mentre i leader politici pro-rivoluzione studiano strategie e si pentono di non aver concentrato su un solo candidato i voti che uniti avrebbero fatto vincere il fronte del «nuovo Egitto», molti giovani che erano scesi in piazza senza capi né organizzazioni sono convinti che si debba aspettare. «Sono deluso, certo, ma in fondo me l’aspettavo. Non voterò ma per ora voglio vedere che farà Morsi, o Shafiq», dice Ibrahim Farouq, rapper hip hop del duo Asfalt, alla fine di un concerto organizzato dal Cairo Mediterranean Literary Festival per i fan di un genere ancora d’élite. Ma l’anno scorso anche lui era a Tahrir, insieme a ragazzi di ogni ceto sociale, ha protestato, girato video-clip, composto testi ispirati a quell’atmosfera speciale. «E continuerò a farlo con il mio rap, voglio solo capire con quale spirito». Non si dichiara invece deluso né sotto choc Ahmed Naji, uno dei blogger e giovani autori d’avanguardia più noti, tradotto anche in Italia con il suo libro Rogers. «La vittoria di quei due figuri ci costringe a fermarci e pensare ma conferma il caos di questa fase che può e deve essere un caos creativo», sostiene. «Rispetto a prima molto è cambiato: sono andati alle urne solo il 40% degli elettori e il voto è stato molto diviso. Né i Fratelli, né gli uomini di Mubarak, né la Giunta hanno un potere assoluto, e nemmeno la Rivoluzione ovviamente. I giochi sono aperti, tutto è in movimento. E dissento da molti nel prevedere violenze: tutti i “giocatori” hanno capito che la forza non paga. Lentamente, ma il Paese si muove». Ahmed non boicotterà il ballottaggio, precisa. «Sto invece organizzando una campagna per votare annullando le schede magari con scritte rivoluzionarie». Nei caffè del centro del Cairo come l’affollatissimo Borsa, nei tanti club culturali più chic o popolari, soprattutto su Internet e Twitter ieri le voci dei «superstiti» di Tahrir erano davvero infinite. «Sono in contatto costante con gli altri blogger della Rivoluzione, c’è un vero scontro tra noi su cosa fare. Io sono contrario ma qualcuno pensa perfino di votare Morsi pur di fermare Shafiq che secondo me vincerà comunque», spiega Walid Nada, detto Iwelly, in un caffè vicino alla celebre via Mohammad Mahmoud che fu teatro di scontri durissimi anche dopo la Rivoluzione. Proprio lì «Iwelly» ha documentato le violenze sui manifestanti con centinaia di video finiti sui siti web di tutto il mondo. «E ci sarà ancora sangue, la Giunta non permetterà ai Fratelli di prendere la presidenza. Ma sarà la loro battaglia, non la nostra. Noi aspetteremo. In fondo sono ottimista».
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