Testata:La Stampa – Corriere della Sera Autore: Ugo Magri – Andrea Garibaldi // *IC*

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/04/2012, a pag. 1-33, l’articolo di Ugo Magri dal titolo ” Monti la diplomazia della bilancia “. Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l’articolo di Andrea Garibaldi dal titolo “Mai più. L’inchino di Monti alle vittime dell’Olocausto  “.

Commovente la partecipazione di Monti a Yad Vashem, ma se è vero il suo richiamo affinchè simili orrori non si ripetano più, deve rendersi conto che alle parole devono seguire i fatti. Oggi il pericolo di una nuova Shoah viene innanzitutto dalla minaccia iraniana, seguita immediatamente da tutti i tentativi che si sono susseguiti dal ’48 ad oggi da parte del mondo arabo e palestinese di distruggere Israele per sostituirlo con uno Stato islamico. Questa è la realtà, parlare d’altro è ciò che fanno tutti i politici, tecnici e non. Per questo non è possibile condividere le lodi che Magri tesse di Monti. Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di ieri, cliccando sul link sottostante http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=44094

Ecco i pezzi:

La STAMPA – Ugo Magri : “Monti la diplomazia della bilancia “

Mario Monti

Sul Medio Oriente l’Italia gira pagina. Nessuna rivoluzione, sia chiaro: semmai il suo contrario. Dopo la lunga parentesi berlusconiana, torniamo nel solco della più limpida tradizione tricolore: ancorati agli indirizzi dell’Unione europea, in perfetto equilibrio tra i duellanti, ovunque vi sia un conflitto.
I quattro giorni del premier tra Libano, Palestina, Israele ed Egitto resteranno un caso da manuale di diplomazia «super partes». Nessun colpo d’ala, però in compenso zero sbavature e neppure gaffes dalle ricadute mondiali cui Silvio ci aveva abituati. Monti non è il tipo da improvvisare. Tutti i discorsi, anche brevi, se li era scritti in anticipo; cosicché al momento di pronunciarsi su questioni dove ogni virgola scatena guerre, ha estratto dalla tasca il suo foglietto ricco di annotazioni a penna, frutto dei colloqui con i protagonisti della politica mediorientale. Li ha consultati tutti, quasi un corso accelerato nei panni dell’apprendista. Spiccano gli incontri col presidente palestinese Abbas, con il primo ministro israeliano Netanyahu, col capo dello Stato ebraico Peres e con tutti i protagonisti della «primavera» egiziana: dai militari ai Fratelli musulmani. Il risultato è un bilanciamento quasi ossessivo, ad ogni gesto ne sono corrisposti altri di segno uguale e contrario, a riprova che l’Italia va d’accordo con tutti. Rispetto alla fase politica precedente, siamo un filo meno schierati con il governo di Tel Aviv e un altro filo più attenti alle ragioni palestinesi. Mai Berlusconi avrebbe sentito il bisogno di sollevare il tema degli insediamenti ebraici nei Territori; tantomeno avrebbe auspicato un ritorno alle frontiere del 1967; casomai l’avesse fatto, non si sarebbe affrettato a precisare come le eventuali modifiche debbano trovare concordi le parti, una garanzia in più per i palestinesi. Monti stesso, nel ricevimento all’ambasciata italiana del Cairo, vista sul Nilo, ha parlato ieri sera di «riposizionamento». Fonti vicine al premier si preoccupano di aggiungere che non c’è nulla contro Israele come dimostra la nostra ferma posizione favorevole all’embargo nei confronti dell’Iran. Inutile dire che, soprattutto domenica con Netanyahu (in vacanza sul mare a Cesarea) Monti ha cavalcato parecchio questa decisione, segnalando quanto sia poco consona ai nostri interessi, specie petroliferi. Le solite fonti garantiscono che Netanyahu ha apprezzato, passando sopra certe mosse del Prof, come la conferma del nostro contingente Unifil in Libano, che il governo di centrodestra aveva ridotto e meditava addirittura di riportare a casa (sia per dare un taglio alle spese, sia per far contenti gli israeliani).
La puntata di Pasqua a Ramallah molto ha impressionato i palestinesi. Tra l’altro Monti è tornato ieri nei Territori per visitare Betlemme. L’omaggio composto allo Yad Vashem (sacrario dell’Olocausto) e alla Sinagoga italiana di Gerusalemme fa pari e patta con la Messa di Pasqua nella cappella del Santo Sepolcro. E i seguaci di Maometto? Niente paura, Monti ha teso la mano anche al Grande Imam della moschea di Al Azhar, nella capitale egiziana. E al Cairo non ha lasciato fuori dai suoi incontri proprio nessuno, partiti di maggioranza e di opposizione, governo provvisorio, Parlamento e Lega Araba. Tornando stasera in Patria, i bizantinismi della politica italiana gli sembreranno a confronto un gioco da ragazzi.

CORRIERE della SERA – Andrea Garibaldi : ” Mai più. L’inchino di Monti alle vittime dell’Olocausto “

Mario Monti a Yad Vashem

Mario Monti arriva al Cairo in un pomeriggio di sole e vento. Tende una mano al Paese più affollato e tormentato della «primavera araba». Incontra il premier provvisorio Kamal El Ganzoury e dice: «Auspichiamo per l’Egitto un futuro di democrazia, diritti dell’uomo, tolleranza, libertà, giustizia». Dice anche che l’Italia è il secondo partner commerciale dell’Egitto in Occidente, dopo gli Stati Uniti e non ha intenzione di disinvestire. Posizione coraggiosa, dato che molti altri Paesi sono in fuga, a causa dell’assoluta incertezza politica: «Spero che i fatti daranno ragione all’Italia». Al Cairo lo accolgono le notizie drammatiche dalla Siria: «Siamo molto preoccupati — dice Monti — non sono in grado di prevedere, come d’altra parte anche altri leader, cosa accadrà da domani». L’agenda egiziana è un’altra storia: vigilia di elezioni presidenziali (23-24 maggio). Il candidato più forte, secondo le ultime valutazioni degli osservatori, è Omar Suleiman, per vent’anni al fianco del presidente deposto Mubarak, ex capo dei servizi segreti, responsabile del «dossier Palestina». Un passo indietro, rispetto alle speranze di piazza Tahrir. L’altro pretendente forte è Khayrat el Shater, business man, già rivale economico della famiglia Mubarak, portato dai Fratelli Musulmani, vincitori delle elezioni parlamentari. Se ai loro seggi si aggiungono quelli dell’ala islamica più radicale (salafiti) si arriva al 71% del Parlamento. Fino a poco tempo fa sembrava ci fosse un accordo tra Consiglio supremo delle forze armate e Fratelli musulmani per spartire il potere. Ora, con la presentazione delle due candidature contrapposte, tutto pare saltato. L’instabilità non aiuta la ripresa dell’economia: riserve valutarie ridotte dell’80%, turismo crollato. Per l’Italia c’è il timore di nuove nazionalizzazioni dopo le privatizzazioni di Mubarak e le ditte italiane sono coinvolte in una serie di contenziosi e di conflitti sindacali, che sono entrati nei colloqui fra Monti e Ganzoury. Monti proveniva da Gerusalemme e da lì ha portato un altro messaggio al Cairo: «Il trattato fra Egitto e Israele va tenuto fermo. Il primo ministro egiziano mi ha confortato su questo, nonostante alcune mozioni in senso contrario presentate nel nuovo Parlamento». In Israele, Monti ha vissuto un intenso giorno di Pasqua. Ha visto a Ramallah il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, e a Cesarea il primo ministro d’Israele, Benjamin Netanyahu. A Ramallah ha ribadito che «l’Italia non riconoscerà modifiche dei confini del ’67 diverse da quelle concordate fra le parti». Con la guerra del ’67 Israele conquistò terreno ad est, zone di Gerusalemme e oltre, in Cisgiordania, territorio palestinese. La posizione europea, espressa da Monti, è che solo le parti — israeliani e palestinesi — possono, assieme, segnare confini diversi. La questione è complessa poiché continuano in quella direzione gli insediamenti israeliani: ormai i coloni ad est sarebbero circa 500 mila e tornare indietro pare impresa impossibile. Sia ad Abu Mazen sia a Netanyahu, Monti ha ripetuto che la linea italiana è «due popoli due Stati». In generale, grande attenzione a non discostarsi dalla linea europea, un leggero riallineamento rispetto al governo Berlusconi, maggiormente unilaterale nei confronti di Israele. Il clima è stato molto cordiale sia a Cesarea con Netanyahu, sia la sera di Pasqua a Gerusalemme, alla cena offerta dal presidente Shimon Peres, che ha speso per Monti parole di grande elogio: «La gente pensa che l’Italia sia in buone mani…». Elogi «forse meritati», ha replicato Monti.
Ieri mattina con la moglie Elsa, Monti ha visitato lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto, monumento dell’orrore umano, che si conclude con un percorso buio, costellato di piccole luci, mentre una voce recita i nomi dei bimbi ebrei uccisi (un milione e mezzo). Un visita che ha definito «commovente e sconvolgente». Monti, alla fine, ribadendo che «l’Italia rinnova il suo impegno contro ogni forma di antisemitismo», ha scritto nel libro per i visitatori, come molti: «La memoria parli alle nuove generazioni affinché tragedie del genere non si ripetano più».

Per inviare la propria opinione a Stampa e Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti

lettere@lastampa.it lettere@corriere.it

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.