Da Noam Shalit a John Demjanjuk
Testata: Informazione Corretta
Data: 18 marzo 2012
Autore: Deborah Fait
Hanno fatto male al cuore le parole oscene pronunciate dal padre di Gilad Shalit. ” se fossi un palestinese rapirei soldati israeliani”.
A volte mi chiedo quale mostruosa ideologia si nasconda dietro certe scandalose e disumane affermazioni.
Anni fa Ehud Barak disse che se fosse un palestinese si dedicherebbe al terrorismo, adesso Noam, dopo che il governo israeliano si e’ fatto in quattro per liberare il figlio, aprendo la porta delle galere ad assassini arabi della peggior specie, informa il mondo che anche lui, se fosse palestinese, rapirebbe i soldati di Israele….. Sta incominciando la campagna ellettorale di Noam Shalit?
Pensa forse di vincerla sputando addosso al dolore di altri genitori che,come lui, hanno avuto i figli rapiti dai barbari ? Chissa’ come avranno reagito alle sue parole i genitori di Nachshon Waxman ammazzato nel 1994, durante un blitz delle forze speciali israeliane, una settimana dopo il suo sequestro da parte di Hamas. E come avranno reagito i fratelli di Ron Arad? La mamma di Ron non c’e’ piu’, morta di crepacuore, per fortuna le e’ stata risparmiata quest’ultima perla pacifondaia. Come avranno reagito le famiglie di Eldad Regev e Ehud Goldwasser rapiti e ammazzati da Hezbollah? Come avranno reagito le famiglie di Zacharia Baumel, Tzvi Feldman e Yehuda Katz, rapiti nel giugno del 1982 e scomparsi per sempre non si sa come e non si sa dove?
Bravo Noam Shalit, complimenti per la sua sensibilita’, niente male, sapesse come ci dispiace che Gilad, che per cinque anni abbiamo avuto nel cuore, abbia un simile padre. L’articolo del JP che cita queste vergognose dichiarazioni dice anche che Shalit padre avrebbe voluto scrivere un libro sul rapimento di Gilad e che e’ stato proprio suo figlio ad impedirglielo. Bravo Gilad! Ha la dignita’ che manca a suo padre e sa tacere per elaborare l’inferno vissuto per cinque anni in mano a quelle belve sanguinarie che suo padre vorrebbe emulare.
Naturalmente la notizia sta facendo il giro dei siti di sinistra del web: ecco, Noam Shalit, il buon israeliano che approva il terrorismo, diverso dai quei cattivi e fetentissimi israeliani che difendono il Paese e i suoi cittadini dalla barbarie palestinese. Lui e’ buono, lui li capisce i terroristi, lui vorrebbe essere come loro.
Si vergogni, Noam Shalit. E taccia. Non mi era mai piaciuto, lo trovavo freddo e calcolatore, uno che parlava a labbra strette, mai una lacrima e poi mai un sorriso…la sua bocca non si allargava mai, sempre stretta e sottile…niente di bello….niente di buono. Freddo come un’acciuga persino mentre abbracciava il figlio liberato dalla prigionia. Poi ecco la storia, rivelata da alcuni giornali, di quella bandiera di Israele che, a intervalli, faceva bella mostra sul tetto di casa Shalit: spariva quando il governo aveva difficolta’ a trattare, riappariva quando la speranza si riaccendeva, rimase al suo posto nei giorni della liberazione.
Un amor patrio a singhiozzo, a seconda di come andavano le cose! Andavano bene: bandiera su. Andavano male :bandiera giu’.
Niente di buono, no Noam Shalit non mi piaceva, il mio istinto mi ha dato ragione, ho avuto la conferma della giustezza dei miei sentimenti e del fastidio che provavo nel vederlo e sentirlo parlare , sempre collo stesso tono di voce, senza emozione, mentre il figlio era tra le mani degli assassini di Hamas.. Una conferma superata di gran lunga da quelle parole orrende, crudeli e di pessimo gusto.
Taccia Noam Shalit, taccia e si vergogni!
Parlando di orrori, e’ morto John Demjanjuk, il nazista che uccise 28.000 ebrei a Sobibor in Polonia. E’ morto come non doveva morire, nel suo letto, di vecchiaia, aveva 91 anni. L’unica magra consolazione e’ stato il suo processo in Israele, processo che lo lascio’ libero a causa di una palude di identificazioni contradditorie che si trattasse davvero di “Ivan il terribile” ma che almeno gli impedi’ di tornare nella sua casetta del Cleveland dove era vissuto per decenni, in santa pace e in barba ai suoi delitti.
Una conclusione diversa e e triste rispetto al processo Eichman che diede a generazioni di ebrei di Israele la speranza che mai piu’ avrebbero potuto essere minacciati di sterminio perche’ esisteva finalmente un Paese che li proteggeva e che processava i criminali nazisti.
Purtroppo l’isteria antisemita non e’ morta ne’ con Auschwitz ne’ con i processi alle belve del Terzo Reich, Ahmadinejad, le varie conferenze Durban, le “settimane annuali dell’odio contro Israele” tentano in tutti i modi di far sprofondare questa speranza nel buio livore di chi vorrebbe l’annientamento della patria degli ebrei e di mantenere su Israele il pericolo e il terrore della fine. Il processo Demianjuk, 25 anni dopo Eichman, fini’ con la sua liberazione poiche’ uno stato di diritto non avrebbe potuto formulare un’accusa di genocidio senza la certezza assoluta, si sapeva che l’ucraino fosse Ivan il Terribile ma non era chiaro in che campo della morte avesse “lavorato”, non era stato riconosciuto da tutti i testimoni, ormai vecchi come lui, quindi, nel dubbio, fu liberato e mandato in Germania, in una casa di riposo. Si, avete letto bene, in una casa di riposo per anziani dove Ivan il terribile ha finito la sua scellerata vita giocando a carte con altri vecchietti.
L’ironia ingiusta della giustizia umana ha permesso che morisse senza punizione come e’ accaduto a tanti altri criminali nazisti. E’ morto nel suo letto come nessuna delle sue vittime.
Esistera’ una punizione divina? Nessuno lo sa.
Nel dubbio abbia sulla sua tomba 28.000 maledizioni
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
3 Responses to Da Noam Shalit a John Demjanjuk
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http://andreacarancini.blogspot.it/2012/03/morto-john-demjanjuk-vittima.html
A peoposito poi della questione di Gilad Shalit, deposte le dovute felicitazioni e tutti i possibili auguri per un migliore futuro, un incauto spettatore potrebbe osservare che, nel giro di 6 giorni, Tsahal è stato in grado di andare a recuperare un centinaio di ebrei a 700 km di distanza, e non ha trovato modo di recuperarne uno solo, rimasto in ostaggio per 5 anni nella Striscia di Gaza, cioè, a mo’ d’esempio, dall’altra parte dellla strada. Qualcun altro osserverà casualmente la doppia cittadinanza, israeliana e francese, e in questi giorni penserà a Tolosa, forse, ma a nessuno verrà in mente che si stanno moltiplicando all’infinito parole e discussioni a proposito di eventi non per come questi accadono ma attraverso il modo in cui vengono raccontati.
Mi viene in mente che il cinismo non è mai stato un buon strumento di espressione e neppure dovrebbe esserlo per l’indagine, tuttavia, fatto salvo l’assoluto dovuto rispetto per tutte le vittime, d’ogni ordine, grado, genere e natura, la strategia dell’eliminazione non è affatto una novità; ne sanno qualcosa gli Etruschi di Veio, tanto per fare un esempio. Questo dimostra come, e quanto, faccia parte dell’uomo il processo di eliminazione degli ostacoli, che non c’entra niente con le correnti politiche o religiose utilizzate come alibi promotore.