Antisemitismo islamico: i bersagli
Analisi di Ugo Volli
Testata: Informazione Corretta
Data: 19 marzo 2012
Il progetto di attentato alla sinagoga centrale di Milano non è stato oggetto di grande attenzione pubblica né dai giornali, né dalle autorità, né dal mondo ebraico. Probabilmente è giusto che sia così, l’argomento è così delicato che non è bene “strillarlo”, per non creare deleteri effetti di panico o di imitazione. E però merita una riflessione seria e pacata. Bisogna partire dalla considerazione che il piano era abbastanza serio da giustificare degli arresti, che era opera di una persona tutt’altro che sprovveduta in materia di violenza (anzi le fonti lo qualificano come un “istruttore”).
Vale appena la pena di precisare che la Sinagoga è una sede di preghiera, non di propaganda politica o di reclutamento, che accoglie di solito ebrei italiani pacati e per lo più maturi e in nessun modo costituisce un bersaglio militare ragionevole. Non si tratta neppure di una rappresentanza dello Stato di Israele, ma di un luogo di preghiera. Sono precisazioni inutili per qualunque persona ragionevole; infatti neppure le istituzioni israeliane sono bersagli legittimi di azioni militari; ma l’ambasciata è pesantemente protetta, ma macchine di militari stazionano da anni davanti a sinagoghe, case di riposo, scuole ebraiche per difenderle.
Tutto ciò significa che i luoghi ebraici sono bersagli in quanto tali, che c’è un pericolo antisemita in corso talmente continuo che si rischia di darlo per scontato, salvo risvegliarsi di fronte all’annuncio di un pericolo imminente. Che io sappia questo tipo di pericolo riguarda in sostanza solo i luoghi ebraici. Non vi sono scorte davanti ai centri islamici, ma neanche alle chiese ortodosse, ai centri turchi o spagnoli o britannici o di tutti gli altri gruppi che sono coinvolti in conflitti. Vi è un’eccezione ebraica, di cui faremmo naturalmente ben volentieri a meno.
La seconda considerazione è che questa minaccia non proviene (almeno non direttamente) da quei circoli di estrema destra che negano la Shoah, dai siti che pubblicano elenchi di ebrei o dai giornali che usano il finanziamento pubblico per pubblicare articoli negazionisti e revisionisti. Il pericolo ormai da decenni, dall’attentato di Roma che costò la vita al piccolo Gaj Taché, viene da ambienti islamisti: terroristi palestinesi, loro sostenitori arabi, servizi iraniani ecc. Costoro non fanno solo la guerra a Israele col terrorismo in Medio Oriente e altrove (come nei recenti attentati a diplomatici israeliani in India, Thailandia, Georgia). Dirigono la loro violenza anche sugli ebrei in quanto tali, come nei terribili attentati di Buenos Aires (il cui principale mandante, imputato dalla magistratura argentina oggi fa di mestiere, non dimentichiamolo, il ministro della difesa dell’Iran), e negli atti antisemiti che si succedono in mezza Europa, per esempio di recente in Francia, con l’omicidio Halimi.
Non lo fanno per sbaglio, ma per una determinazione chiara: gli slogan delle piazze arabe e le predicazioni degli imam se la prendono con gli “Jahud”, gli ebrei come identità religiose e storica, non tanto con l’entità politica di Israele. La terza considerazione è che gli assassini non sono affatto soli o isolati, che godono di ampia solidarietà nei loro fini se non nei loro mezzi. Esiste un’opinione pubblica (di sinistra assai più che di destra) e una stampa (di sinistra assai più che di destra, forze politiche e sindacali (di sinistra assai più che di destra) che non solo appoggiano la “lotta” palestinese contro Israele, ma attribuiscono a quest’ultimo tali nefandezze da giustificare in pieno la “resistenza” anche se esagera un pochino. Se Gaza è come Auschwitz e “gli ebrei, dopo essere stati vittime dei nazisti, stanno facendo loro stessi ai palestinesi quello che hanno subito”, come ha affermato in occasione della giornata della memoria l’esponente dell’Anpi di una località vicina a Milano, suscitando per fortuna reazioni e polemiche, la conclusione non può che essere simile a quella che Jean Paul Sartre trasse dopo la strage di Monaco: “Il terrorismo è un’arma terribile, ma i popoli oppressi non ne hanno altre”. O come mi ha scritto di recente qualcuno su Facebook, “voi sionisti dovete sparire dalla faccia della terra”.
Non bisogna pensare che gli attentatori siano pazzi isolati, anche se spesso per certi versi lo sono. Quel che conta è la rete di complicità materiale e anche ideale di cui dispongono. Difendere la legittimità di Israele e delle sue azioni, smascherare le scorrettezze e i doppi criteri di giudizio, la delegittimazione e la demonizzazione di Israele a opera della stampa e di forze politiche, sindacali, intellettuali (oggi più di sinistra che di destra) significa anche difendersi da questi tentativi di violenza, renderli evidenti all’opinione pubblica per quel che sono: atti criminali di terrorismo e non “resistenza” o “solidarietà con gli oppressi”.
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