Computer biologico in provetta, molecole come Core i7
Alcuni ricercatori californiani e israeliani hanno creato un’insieme di molecole in provetta che può essere definito un computer biologico. Non ha nulla a che fare con un moderno PC, ma si basa sul concetto di macchina di Turing, modello astratto che 75 anni fa ha dato il via alla formalizzazione dell’informatica.
Alcuni ricercatori californiani e israeliani guidati dal dott. Ehud Keinan hanno creato qualcosa che può essere definito un “computer biologico”. Un passo importante, ma non fate galoppare troppo la vostra fantasia: non ha nulla a che fare con un PC moderno e nemmeno con una CPU; probabilmente, in effetti, non le somiglierà mai.
Somiglia piuttosto a un cosiddetto “automa a stati finiti”, cioè un dispositivo che accetta dei dati in ingresso e, partendo dal suo stato iniziale e dal primo dato ricevuto, cambia di stato secondo una sua funzione predefinita fino a che i dati in ingresso non sono terminati. A seconda che le transazioni avvengano tra stati ammessi dall’automa o meno, e che la sequenza si concluda o meno con la macchina in uno degli stati classificati “finali”, la stringa in ingresso si dice valida o meno, accettata o meno.
La “macchina” di Keinan e colleghi, in effetti, fa proprio questo. Si tratta di una miscela di molecole in una provetta che sono in grado di eseguire un set di istruzioni ripetibile su un elica di DNA, che rappresenta in questo caso il dato in ingresso.
Vale la pena sottolineare a questo punto come gli automi, per la loro caratteristica di poter “convalidare” un set di dati in ingresso, siano usabili per descrivere linguaggi formali, e come il modello più generale degli automi, la nota “macchina di Turing”, sia tutt’oggi la base per la definizione di algoritmo.
Il computer biologico si trova quindi, grossomodo, nello stato in cui si trovava l’informatica teorica nel 1936, ma è impressionante sapere che un insieme di molecole è in grado di accettare in ingresso un’elica di DNA e di elaborarla in qualche modo in modo ripetibile, decodificandola.
La fonte di energia di questo “computer”, se ve lo state chiedendo, è l’ATP (adenosina trifosfato), lo stesso carburante che alimenta le nostre cellule.
I computer biologici sono, per loro natura, molto diversi da quelli che conosciamo: inadatti a eseguire sequenze ordinate e schedulate di istruzioni a intervalli di tempo determinabili, sono anche molto più specializzati. Un set di molecole compie una certa azione, e non è possibile costruire – almeno allo stato attuale delle conoscenze – una CPU biologica “general purpose” come quella di un PC.
Il computer biologico quindi difficilmente sostituirà il PC fatto di silicio, ma non è impossibile pensare a impianti biologici in grado di decodificare il nostro DNA, individuando magari tracce di pericoli genetici, o al contrario di memorizzare alcune informazioni in forma molecolare – in fin dei conti, questo è esattamente lo scopo di una molecola di DNA.
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