28.11.2011

L’Unesco cerca di rubare la storia di Israele e del suo popolo ma per Fabio Scuto il ladro è lo Stato ebraico

informazionecorretta.com

Testata: Il Venerdì di Repubblica

Data: 28 novembre 2011

Pagina: 59

Autore: Fabio Scuto

Titolo: «L’oro della Palestina che grazie all’Unesco (forse) torna a casa»

L’articolo di Fabio Scuto contiene una serie lunghissima di menzogne sulla situazione dei siti archeologici in Israele e Cisgiordania. Scuto accusa ingiustificatamente Israele di furto e, nel corso dell’articolo, fa proprie le tesi dei palestinesi.
 il ministro della Cultura palestinese Siham al Barghuti definisce la decisione «un grande successo  diplomatico, che ci permetterà di proteggere  il nostro patrimonio e la cultura». “. Già questa frase è scorretta. Non esiste nessun patrimonio nè nessuna cultura palestinese. Non esiste un popolo palestinese. Esiste quello ebraico, da millenni. Quello palestinese esiste come frutto della propaganda araba dal ’48, dalla nascita di Israele. Prima della nascita di Israele non esisteva uno Stato palestinese. La Palestina è diventata un mandato britannico alla fine della prima guerra mondiale, con la fine dell’impero ottomano. Sotto l’impero turco non c’era traccia dei palestinesi, nè ce n’era prima. Non è mai esistito un popolo palestinese, perciò non è ben chiaro a quale patrimonio culturale si riferisca Siham al Barghuti.
Scuto, però, continua : “
tra le migliaia di reperti trafugati, uno dei più bei mosaici del periodo romano, scoperto nel 1973 a Nablus e staccato dal sito originale dagli archeologi dell’esercito israeliano, per essere esposto nel Museo di Israele di Gerusalemme“. Un mosaico romano trovato a Nablus ora esposto al Museo di Israele di Gerusalemme, cioè in un luogo aperto al pubblico. Scuto lamenta il fatto che i palestinesi senza visto non possono andarci, ma allora se il problema è il visto, la questione è un’altra . Un mosaico romano appartiene forse alla presunta cultura palestinese?
Scuto continua : “
Risalente all’epoca dell’imperatore Costantino,IV secolo, la Basilica della Natività è per la cristianità una delle chiese più antiche e sacre, ma la mancanza di mezzi non consente interventi di mantenimento.“. La Basilica della Natività si trova a Betlemme, sotto la mai abbastanza lodata amministrazione dell’Anp di Mahmoud Abbas. Con tutti gli aiuti umanitari che riceve da Usa e Ue ogni anno, com’è possibile che manchino i fondi per gli interventi di mantenimento? Ma ce ne sono ancora di cristiani a Betlemme ? per loro è un tale paradiso che, appena possono, emigrano, Perchè Scuto non ci fa un bell’articolo ?
Scuto scrive : “
E poi Hebron e Gerico. una delle città più antiche dell’umanità, diecimila anni di storia. A Hebron si trova la Tomba dei Patriarchi — la moschea di Ibrahim per l’Islam – luogo di culto diviso in due parti, una per gli ebrei l’altra per i musulmani. Infine, il patrimonio della Terrasanta, ostaggio del conflitto israelopalestinese. “. Hebron e Gerico sono due città ebraiche. ‘Grazie’ all’Unesco si crede erroneamente che la Tomba dei Patriarchi sia un luogo sacro per l’islam. L’Unesco ha, da sempre, aiutato i palestinesi nella loro missione di cancellazione e appropriazione della storia ebraica. E’ solo un altro dei modi per delegittimare Israele.
Per questo motivo, l’accettazione dell’adesione della Palestina ha scatenato le reazioni di Israele e Stati Uniti che hanno congelato i fondi ad essa destinati.
Ricordiamo, inoltre, che sotto la gestione israeliana, l’accesso ai luoghi sacri è garantito a chiunque. Non si può dire così per la gestione araba. Ne è un esempio la gestione giordana di Gerusalemme prima del ’67, quando al Kotel vennero sistemati degli orinatoi, in segno di ‘rispetto’ per la cultura ebraica.
Per maggiori informazioni sull’Unesco e sui suoi furti della storia di Israele, digitare ‘Unesco’ nella casella ‘cerca nel sito in alto a sinistra sulla home page di Informazione Corretta.
Ecco il pezzo di Scuto:

L’ammissione all’Unesco, l’organismo dell’Onu per l’Educazione, la scienza e la cultura, permetterà ai palestinesi di candidare molti siti prestigiosi a Patrimonio mondiale dell’Umanità, fonte di grande richiamo per il turismo ma anche di querelle esplosive (prova ne sia lo stop dei programmi Unesco fino alla fine del 2011 dopo il blocco dei finanziamenti statunitensi seguito all’ammissione della Palestina).
Parlando nel suo ufficio di Ramallah con Repubblica, il ministro della Cultura palestinese Siham al Barghuti definisce la decisione «un grande successo  diplomatico, che ci permetterà di proteggere  il nostro patrimonio e la cultura». Dal 1967 in poi il trasferimento di beni archeologici dai Territori palestinesi verso Israele è stato una costante: tra le migliaia di reperti trafugati, uno dei più bei mosaici del periodo romano, scoperto nel 1973 a Nablus e staccato dal sito originale dagli archeologi dell’esercito israeliano, per essere esposto nel Museo di Israele di Gerusalemme.
Luogo dove i palestinesi non possono andare: a loro, se non residenti, è vietato l’accesso alla Città Santa Anche molti reperti ritrovati a Gaza – porto di grande importanza nel periodo romano – frutto degli scavi di archeologi israeliani durante i 38 anni di occupazione, sono oggi per lo più esposti nello stesso museo. Per difendere quello che resta, trovare finanziamenti e conservare i suoi beni archeologici, l’Autorità palestinese punta sull’Unesco. Già presentata ufficialmente la candidatura di Betlemme, Cisgiordania, la città cristiana dove sorge la Basilica della Natività e dove nacque, secondo i cattolici, Gesù Cristo. La decisione è attesa entro luglio 2012.
La città, primo sito turistico del Paese, ha accolto folle record di pellegrini lo scorso Natale. Un fatto economico non trascurabile per la città strangolata dal «Muro di sicurezza» israeliano e privata di gran parte dei terreni agricoli. Risalente all’epoca dell’imperatore Costantino,IV secolo, la Basilica della Natività è per la cristianità una delle chiese più antiche e sacre, ma la mancanza di mezzi non consente interventi di mantenimento.
LAnp conta di iscrivere anche altri 20 siti da tutelare: come il Gazim (monte sacro dei Samaritani) e le Grotte di Qumran dove vennero ritrovati i Manoscritti del Mar Morto. Diversi sono a Gerusalemme. C’è innanzi tutto la Old City (nella zona Est della città, quella araba annessa dopo la guerra del 1967) nella sua interezza, ma soprattutto la Spianata delle moschee (terzo luogo santo dell’Islam) e il Santo Sepolcro. E poi Hebron e Gerico. una delle città più antiche dell’umanità, diecimila annidi storia. A Hebron si trova la Tomba dei Patriarchi — la moschea di Ibrahim per l’Islam – luogo di culto diviso in due parti, una per gli ebrei l’altra per i musulmani. Infine, il patrimonio della Terrasanta, ostaggio del conflitto israelopalestinese. L’ammissione all’Unesco rischia così di riaccendere i contenziosi territoriali delle tre grandi religioni monoteiste – ebraismo, cristianesimo e islam. A Gerusalemme, soprattutto, nel cosiddetto «miglio santo», poco più di un chilometro quadrato, dove si trovano i siti più contesi, la disputa sarà senza esclusione di colpi.

 

One Response to Un nuovo logo per Unesco? la faccia di Mahmoud Abbas

  1. jixiang ha detto:

    L’articolo contiene sicuramente di tesi della propaganda Palestinese dati per buoni, ed e’ sbilanciato.

    Detto cio’, anche il tono di questo articolo non mi sembra condivisibile. Cosa significa dire che non esiste una cultura Palestinese? E’ vero che in passato non esisteva forse un identita’ nazionale Palestinese, ma gli Arabi che vivevano nella regione (e ci vivevano) avevano ovviamente una loro cultura come chiunque, ed e’ legittimo che considerino i reperti archeologici della zona come parte del loro patrimonio culturale.
    Non e’ importante se essi siano discendenti diretti dei Romani o di chi ha costruito quei monumenti. Gli Italiani non sentono forse che i monumenti costruiti dai Greci nel Sud Italia siano parte del loro patrimonio culturale?

    E’ assurdo negare l’esistenza di una popolazione Araba stanziata nella regione da secoli, e non si aiuta la causa di Israele facendo questi ragionamenti. L’identita’ di ogni popolo ad un certo punto e’ stata “creata” artificialmente, dai Palestinesi a chiunque altro.

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