Dopo gli Usa anche Israele ha congelato i suoi versamenti all’organizzazione internazionale per la cultura e la scienza. E’ una ritorsione alla decisione dell’Unesco di accettare l’iscrizione della Palestina. Bloccati anche i trasferimenti delle risorse raccolte in dazi doganali, imposte e tasse, da Gerusalemme all’Anp: si tratta di circa 100 milioni di dollari al mese.

Gerusalemme – Dopo la rabbia vengono chiusi i rubinetti. E’ questa la reazione – prima degli Stati Uniti ora anche di Israele – alla decisione dell’Unesco di accettare l’iscrizione della Palestina come paese membro. Gerusalemme risponde quindi a muso duro a quella che considera una vera e propria provocazione: congelerà il suo contributo all’Unesco. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha ordinato il congelamento della quota di due milioni di dollari. La posizione di Israele è molto chiara: uno stato palestinese potrà nascere solo a seguito di un negoziato di pace diretto e senza condizioni preliminari e non, quindi, a seguito di iniziative unilaterali.

Il congelamento agli Stati Uniti all’Unesco era scattato tre giorni fa: ”Dovevamo versare 60 milioni di dollari all’Unesco a novembre e non effettueremo quel pagamento”, ha comunicato la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, aggiungendo che l’ammissione della Palestina ”fa scattare delle restrizioni legilastiva adottate da tempo che impongono agli Usa di astenersi dai contributi”. Lo stop degli Usa è pesante, visto che Washington provvede a circa il 22% dell’intero budget annuale dell’organizzazione. Sul provvedimento, comunque, dovra esprimersi il Congresso.

Israele ha sospeso anche il trasferimento dei pagamenti delle tasse all’Autorità palestinese. Lo Stato ebraico ogni mese raccoglie circa 100 milioni di dollari in dazi doganali, imposte sui confini e alcune tasse a nome dei palestinesi; soldi che poi vengono girati all’Anp. I palestinesi hanno fatto sapere che Israele non ha ancora trasferito i fondi. E visto che di solito arrivano i primi giorni del mese, è possibile che anche questo ritardo rientri nelle ritorsioni israeliani. Il ministero delle Finanze di Gerusalemme non ha voluto rilasciare commenti in proposito.

ilgiornale.it

 

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