da www.moked.it – di Marina Arbib

Si è tenuto nei scorsi giorni il secondo convegno dell’Assei, associazione fondata nel 2008 allo scopo di promuovere lo studio dell’ebraismo italiano in Israele e all’estero, ispirata a due linee direttive innovatrici: dare voce ai giovani studiosi della materia e dare impulso a una ricerca, di cui è sentita l’esigenza, ma per la quale, secondo uno di quei paradossi di cui la storia accademica abbonda, c’è poco spazio istituzionale.

Il convegno è stato dedicato alla “Cultura materiale degli ebrei in Italia” e si è tenuto all’Università di Tel Aviv, in collaborazione con l’Istituto Goldstein-Goren per la ricerca della diaspora. L’ambasciatore d’Italia, S.E. Luigi Mattiolo, accompagnato dalla dottoressa Simonetta Della Seta, ha aperto il congresso, ricordando il cospicuo contributo degli ebrei alla storia italiana.
La “cultura materiale”, cioè lo studio di una cultura a partire dai suoi elementi tangibili, oggettuali (cioè materiali), suscita un interesse crescente sia in campo internazionale sia in Israele: da qui, l’esigenza di investigare il suo aspetto nel campo ebraico e, nella fattispecie, ebraico italiano.
Oltre agli studiosi israeliani, hanno preso parte al convegno ricercatori europei (tra cui, molti gli italiani) e americani, che hanno presentato ricerche di notevole interesse, aprendo prospettive sino ad ora inesplorate e feconde di stimoli per ulteriori approfondimenti.
Si sono succedute vivaci relazioni sul contesto storico-sociologico delle catacombe ebraiche romane (Lee Levine); sulla musica e la vita quotidiana nella cultura ebraica italiana (Francesco Spagnolo); sull’arte tessile ebraica, soprattutto in area umbro-marchigiana, dal XIV secolo in poi, e sul contributo, spesso ignorato, delle donne ebree (Maria Luciana Buseghin); sulle leggi suntuarie e sull’abbigliamento femminile a Venezia (Batsheva Goldmann Ida); sull’abito talare dei rabbini italiani tra Sette e Ottocento, che ha mostrato quanto la ricerca di un abbigliamento peculiare fosse presente ben prima delle istanze di adeguamento allo standard non ebraico dell’epoca dell’emancipazione (Asher Salah); sull’ex illustre sconosciuto – il corpo – nella cultura ebraica della prima età moderna (Roni Weinstein); sulle “tracce” di vita materiale degli ebrei veneziani della prima età moderna, raccolte da notai minuziosi nella descrizione degli oggetti, ma sorprendentemente indifferenti ai libri posseduti dagli ebrei (Isabella Palumbo Fossati Casa); su un versatile “industriale” sui generis, Maggino di Gabriello (Dora Liscia Bemporad); sul controverso potere delle immagini sacre cristiane per ebrei professi e Inquisizione, nella prima età moderna (Katherine Aron-Beller).
Il dibattito è stato insolitamente animato, con un afflusso di pubblico che attesta il desiderio di saperne di più su argomenti avvincenti quanto, in parte, ancora poco esplorati.

Marina Arbib

 

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