Sul Mar Morto la più grande spa naturale del mondo
[b]Da un articolo di Monica D'Ascenzo pubblicato su il SOLE 24ORE del 14/02/2010[/b]
Dalla cima della Fortezza di Massada, simbolo della resistenza ebraica alla conquista romana, si vede lo specchio d'acqua, quasi immobile, e tutt'attorno il deserto di Giudea. Bastano pochi chilometri per arrivare a Ein Bokek, sulla riva del mar Morto e scendere a più di 400 metri sotto il livello del mare. Ed è lì che avviene la trasformazione. Cambia la luce, cambia l'aria, tutto rallenta. E i turisti, prima sudati e affannati dalla salita, si abbandonano alla quiete dell'immersione. Un bacino di 650 chilometri quadrati di acqua amara e lieve nutrito dal fiume Giordano, con salinità al 30%. La più grande spa naturale del mondo.
Qui le ricchezze sono sali e minerali – cloruro di magnesio e di potassio, bromo, sodio, cloro e calcio -, alghe termo-minerali – che trattengono calore e minerali,- e fanghi originati da depositi di 5 milioni di anni fa. Nessun inquinamento e un'evaporazione continua che crea una un' invisibile nube di protezione dalle radiazioni Uva e Uvb. Un microclima, una bolla sospesa, lontana dalle vie brulicanti di Gerusalemme e dai viali ariosi di Tel Aviv, che attira circa il 50% dei turisti che visitano Israele: nel 2009 in totale 2 milioni e 700mila persone, a fronte di una popolazione di 7 milioni di abitanti. Il 6 per cento circa si ferma anche a pernottare negli alberghi della zona. Ma non solo: secondo i dati del Ministero del turismo sono gli stessi israeliani, nel 2008 in una percentuale che supera il 70%, ad alloggiare negli hotel sul Mar Morto. Gli stranieri arrivano soprattutto tra novembre e febbraio , quando la temperatura è tra i 25 e i 28 gradi: allora le 30 spa incastonate sulla riva sud-occidentale del Mar Morto ospitano flussi di visitatori con diverse patologie: dermatologiche (psoriasi in primis) reumatiche, respiratorie e vascolari.
Un altro cinquanta per cento del turismo, poi, è legato alla cura estetica e al relax. Anche per i più scettici, bastano dieci minuti di "galleggiamento" per avere un effetto sulla pelle di 48 ore. Sali e fango del Mar Morto hanno proprietà curative scientificamente riconosciute. I primi studi moderni risalgono agli anni '50 e oggi si sa che questi prodotti hanno effetti positivi sul metabolismo cellulare, stimolano la rigenerazione e la microcircolazione cutanea e hanno effetti analgesici sui dolori muscolari e articolari. Alberghi e centri termali si sono affiancati alle saline ed è fiorita un'industria cosmetica e farmaceutica a base di prodotti naturali. L'estrazione della materia prima è sotto il controllo di una società pubblica, la Dead Sea Works. E due aziende israeliane hanno avuto in concessione i diritti di estrazione e lavorazione sulle rive: Minerals e Ahava. A pochi chilometri a sud del Mar Morto si trova lo stabilimento di produzione di Minerals: cinquanta dipendenti lavorano sali e fanghi estratti a diverse profondità e latitudini, ognuno con la sua peculiare composizione. Il business è nato sullo studio del principio fisico dell'osmosi inversa, che permette il passaggio di un solvente dalla soluzione più concentrata a quella più diluita. "Per questo i laboratori e l'investimento in ricerca e sviluppo sono per noi fondamentali. – dichiara il general manager Eyal Kidron – Siamo nati nel '93 e oggi offriamo centinaia di prodotti diversi, sviluppati attraverso processi eco-compatibili ed esportiamo il 90% della produzione all'estero, Italia compresa".
Sono più di cinquanta le aziende che utilizzano prodotti del Mar Morto, in gran parte export-oriented. Nel 1994, a suggello del trattato di pace tra Yitzhak Rabin e Re Hussein è nata anche una joint- venture israelo-giordana: Jordael, presente in Italia con il marchio Sea of Life. Ultimo arrivato, poi, nel 2007, è il marchio Yes to Carrots che unisce all'acqua e ai Sali del Mar Morto, le proprietà antiossidanti del betacarotene.
Con evoluzioni continue, la spa naturale ha fatto da volano per l'intera industria cosmetica del Paese. Un settore piccolo, ma in crescita. Nel 2009 ha rappresentato lo 0,5% del Pil, per un fatturato che si aggira attorno a un miliardo di dollari. Una cifra su cui l'export pesa per il 40 per cento: circa 400milioni di dollari. Il tutto sotto la bandiera di un comparto che a livello globale non ha visto crisi: la cosmesi naturale. Una scelta possibile solo se abbinata all'investimento in ricerca applicata. Una scelta prevedibile nel Paese che ha il maggior numero di start up del mondo e i kibbutz in mezzo al deserto sono aziende agricole. Il risultato è una squadra di imprese che scommettono su innovazione e risorse locali. Così se al colosso Ahava si conducono ricerche nel campo delle nanotecnologie e del genoma umano, anche Magiray che lavora sui principi attivi di oli, piante, frutta e sali, ha iniziato a collaborare con aziende di biotecnologie. Mentre Nature Scent utilizza estratti naturali, da coltivazioni, non solo biologiche, ma organiche. E alla Leorex la formulazione dei prodotti anti-age, a base di silice, viene messa a punto da ingegneri che studiano le proprietà fisiche, invece che chimiche, delle materie prime.
Articoli recenti
- L’Associazione amici di Israele augura a tutti i suoi soci e sostenitori un buon natale e felice 2022
- Associazione Beth Shlomo organizza questa raccolta fondi
- Gli auguri dell’Ambasciatore Dror Eydar per Rosh Hashana 5782 (2021)
- Frosinone, consiglio adotta strumento contro l’antisemitismo.
- Rinnovo iscrizione ADI 2021
Cloud Articoli