Con l’Iran non ci può essere dialogo
[b]Il ministro Andrea Ronchi era con il premier Silvio Berlusconi all’incontro bilaterale con il governo israeliano e promette di impegnarsi in una delle richieste avanzate dal governo di Gerusalemme.[/b]
[b]di Antonio Signorini
Il Giornale
Roma. Venerdì 05 febbraio 2010[/b]
Con l’Iran «non ci può essere dialogo».E bisogna mettere al bando, nella lista nera dell’Ue, le guardie rivoluzionarie, milizie del regime di Teheran; insieme a Hamas. Il ministro Andrea Ronchi era con il premier Silvio Berlusconi all’incontro bilaterale con il governo israeliano e promette di impegnarsi in una delle richieste avanzate dal governo di Gerusalemme. Sull’Iran – avverte il responsabile delle Politiche comunitarie – si gioca la politica estera dell’Ue. Perché fino ad ora, di fronte al regime «autoritario e teocratico», l’Europa «si è girata dall’altra parte».
La televisione di Stato iraniana vi ha accusato di avere reso servigi al «padrone Israele».
«È la conferma di quanto sia giusto condannare il regime di Teheran. E di quanto sia al di fuori da un contesto libero e democratico quel Paese».
Non si potrebbe leggere semplicemente come una reazione alla richiesta di sanzioni?
«Non mi riferisco solo alla televisione iraniana, ma anche alle parole pronunciate dal leader religioso, nel giorno della Shoah, a proposito della distruzione di Israele. L’Europa è arrivata a un punto cruciale per la sua credibilità . Non si può concedere a uno Stato di negare il diritto all’esistenza di una nazione libera e democratica».
La sua richiesta all’Europa di prendere posizione sull’Iran è precedente al viaggio in Israele. Ha raccolto consensi?
«Fino ad ora l’Europa ha traccheggiato. Tutti dicono di volere una politica estera europea, ma poi si continua a tacere, in spregio a migliaia di cittadini che lottano per la libertà , al fatto che il regime continua la sua corsa al nucleare e prosegue una orribile politica antisionista, come quella che nel Novecento ha causato orrori in Europa».
L’Ue cosa dovrebbe fare?
«Il Vice primo ministro Silvan Shalom durante l’incontro bilaterale ci ha chiesto che siano inserite nella black list europea, insieme a Hamas, le guardie rivoluzionarie iraniane».
Sono una minaccia?
«Sono il braccio armato iraniano, dipendono dalla suprema guida e quindi non sono soggette a controllo democratico. Sono l’esercito di Khamenei. Contano 100mila soldati e 20mila marinai. Un articolo della Costituzione gli dà il controllo delle milizie Basiji, che sono altri 90mila, e contano circa due milioni di riservisti».
Hanno un potere solo militare?
«Dal 2005 Ahmadinejad è presidente. Era solo un ufficiale delle milizie. Contano 80 parlamentari, 9 ministri e molti presidenti delle province. Poi c’è il potere economico: controllano circa 100 società che vanno dalla ricerca militare alle costruzioni. Pare abbiano nel complesso un fatturato di circa 10 miliardi di euro. Noi li conosciamo dalle immagini video della protesta degli iraniani».
Quelle della repressione?
«Sì, sono quelli che vanno in giro con le camicie bianche. Cito questo dettaglio non a caso. Sono come le camicie brune di Hitler. E noi occidentali stiamo zitti di fronte a tutto questo?».
Cosa dovrebbero fare gli occidentali e il Vecchio Continente?
«Capisco che non sia un tema solo italiano, ma abbiamo il dovere morale di convincere l’Ue a riconoscere il carattere terroristico di queste organizzazioni. Ricordiamo che fu Franco Frattini (al quale va un plauso per come si sta muovendo) a fare mettere al bando Hamas nel 2003, perché nel suo atto costitutivo si nega l’esistenza di Israele. Khamenei dice che Israele sarà distrutto, quindi ci sono le condizioni per un ragionamento simile».
Visto il precedente di Hamas non dovrebbe essere difficile. O no?
«È una battaglia che in realtà non trova molti alleati. Nel mondo politico prevale il silenzio. Credo si debbano scuotere le coscienze perché il problema non è solo che attaccano Israele, ma che stanno attaccando tutto l’Occidente».
Quando parla di silenzi si riferisce all’Europa o all’Italia?
«Quando è stato chiesto a Catherine Ashton (il ministro degli Esteri della Ue) di tracciare una road map per fare entrare Israele nella Ue, la sua risposta è stata fredda. E non si capisce perché: Israele è già culturalmente in Europa. Il fatto è che c’è un retroterra culturale che mi preoccupa. Un mix di relativismo e preconcetti».
Concretamente cosa farà per inserire le milizie nella lista nera?
«Contatterò i miei omologhi europei e cercherò di creare le condizioni politiche affinché sia condannato un regime antidemocratico. E sia prevista una condanna automatica quando uno Stato mette in discussione l’esistenza di un altro Stato».
Non fa già così l’Ue?
«A me sembra che faccia finta di niente. Si gira dall’altra parte e non si rende conto che il suo silenzio rischia di essere una copertura e finisce per avallare certi atteggiamenti. La diplomazia deve certamente lasciare le porte aperte, ma non si può fare finta che certe cose non succedono».
Che accoglienza hanno in Italia queste tesi?
«Mi colpisce il silenzio di certe organizzazioni musulmane. E poi mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il Pd, vorrei sapere se è in grado di prendere una posizione sulla black list. Non mi accontenterò di un comunicato».
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