[b]Alberto Giannoni
pubblicato su Il Giornale il 21 gennaio 2010[/b]
Dopo i fiumi di parole e d´inchiostro versati sul caso-moschea, per il Comune si apre il caso-sinagoga. E un altro fronte politico-religioso. Con
la Comunità ebraica cittadina, che è stata sfrattata dalla galleria Vittorio Emanuele. Dove ha sede il secondo più importante tempio di Milano dopo quello di via Guastalla. Il [b]Beth Shlomo[/b], che dopo la scadenza del contratto d´affitto della sua sede (160 metri su due piani) ha ricevuto dal Comune un´intimazione a lasciare i locali, e ora accusa il Comune di non voler negoziare una soluzione. È l´associazione [b]Amici d´Israele [/b]a denunciare tutto:
«Siamo addolorati – dice il segretario nazionale Davide Romano – per i silenzi e per la reazione burocratica del Comune di fronte al possibile sfratto del tempio. Sappiamo che il sindaco Moratti ha un ottimo rapporto con il mondo ebraico, e per questo ci rifiutiamo cocciutamente di credere che tale ipotesi si avveri. Purtroppo però il tempo sta per scadere, e per questo aspettiamo urgentemente dei segnali».
Il responsabile del Bet Shlomo, Eugenio Schek, conferma e spiega: «Il tempio ha un valore religioso, ma anche un grande valore storico per la città . Al suo interno conserva oratorio e arredi che provengono dalla vecchia sede di via Unione. Là dove la Brigata Ebraica e i superstiti organizzavano il viaggio in Israele dei pochi scampati ai campi di concentramento».
Il contratto era stato firmato dal Comune sotto la guida di Marco Formentini. Un canone calmierato: «Calmierato ma non troppo – osserva Schek, che di uno di quei soldati è figlio – considerato che l´importo annuo è di circa 33mila e che quando siamo entrati abbiamo trovato buchi nel pavimento e una situazione di degrado estremo, compresi gli escrementi di alcuni homeless che là si erano rifugiati». «Abbiamo eseguito migliorie e ristrutturazioni per 500milioni di lire allora, e grazie alle nostre attività anche delle sponsorizzazioni. Tutto – per Schek – rischia di finire per questa situazione di incertezza».
Per dieci anni tutto regolare: «Abbiamo sempre pagato – sottolinea Schek – e quando abbiamo ritardato di pochi giorni ci hanno messi in conto gli interessi». Ma nel 2007 il centro ha ricevuto dal Comune la richiesta di lasciare la sede di lì a un anno. «I rubinetti si sono chiusi». E il centro ha interrotto il pagamento dell´affitto, chiedendo di discutere con l´assessore un´alternativa. Una discussione che non si è mai aperta. E adesso tutto è fermo in questa impasse. «Noi scriviamo al Comune e loro ci mandano un funzionario che ci presenta il conto degli arretrati – protesta Schek – ma la questione non si può affrontare con mentalità ragionieristica.
Questo tempio ha un grande valore storico». È arrivata anche una cartella di Equitalia.
«Per noi eredi della Brigata ebraica – commenta amaro Romano – questo tempio rappresenta l´anima, oltre che la memoria, della rinascita dell´ebraismo milanese. La chiusura del tempio non sarebbe un oltraggio al solo mondo ebraico, ma all´intera città di Milano. Il Beth Shlomo infatti, ha sempre spalancato le porte a tutti i milanesi interessati alla cultura ebraica.
Sarebbe il colmo se fosse la città di Milano a chiudere quelle porte».
[b]Alberto Giannoni[/b]
pubblicato su Il Giornale il 21 gennaio 2010
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[b][color=#0033cc]Il Comune di Milano fa sempre più schifo. Ormai sta diventando impossibile stare dietro a tutte le assurdità che fa.
In Comune uno è più buono a nulla dell'altro.[/color][/b]