Pesach 5769

C H A G S A M E A C H !

da parte della Sezione di Trani

Mercoledi sera 8 aprile (14 Nisan 5769 del calendario ebraico) è la Vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica.
L'appuntamento nella Sinagoga Scolanova di Trani è alle ore 19,30 (a Trani il digiuno dei primogeniti finisce alle 19,05) e l'indomani mattina alle ore 9,00.
Pesach è alla base dell'ossatura storica dell'Ebraismo, in un certo senso è l'epopea del popolo d'Israele.
3000 anni fa l’Egitto di Faraone ebbe come vicerè nientemeno che l’Ebreo Giuseppe figlio di Giacobbe.

Allorchè una terribile carestia si abbattè sulla terra di Canaan, Giuseppe chiamò in Egitto suo padre e i suoi fratelli.

Un giorno salì al trono un Faraone che non aveva conosciuto Giuseppe e che, temendo il numeroso popolo israelita come una minaccia nel proprio Paese, lo ridusse in schiavitù.

Gli Ebrei furono costretti a impastare e cuocere mattoni per costruire superbi obelischi e palazzi.

Venne un uomo giusto, educato presso la casa reale chiamato Moshè, il quale scoprì di essere Ebreo e fu scelto per liberare il suo popolo.

Moshè era un uomo restio alla sua missione, per di più era balbuziente; ma accettò il suo destino ed ebbe il coraggio di sfidare il potere di Faraone.

Numerose sciagure si abbatterono sul popolo egiziano perché Faraone si convincesse a liberare dalla schiavitù gli Israeliti; ma Faraone, arrogante e duro di cuore, resisteva finchè la sera di luna piena del primo plenilunio di primavera accadde qualcosa di sconvolgente.

L’angelo della morte attraversò l’Egitto e uccise tutti i primogeniti egiziani ma risparmiò i primogeniti Ebrei poiché Moshè diede loro ordine di intingere gli stipiti delle loro case con sangue di agnello; alla vista di ciò, l’angelo sarebbe andato oltre, in ebraico pésach (da cui Pasqua).

Faraone capitolò; Moshè e il suo popolo poterono tornare nella Terra Promessa, la terra d’Israele.

Quella notte era diversa da tutte le altre, tanto diversa che il pane dovette essere fatto in fretta da non aver il tempo che lievitasse; la libertà non poteva aspettare.

L’uccisione dei primogeniti egiziani fu il segnale della svolta epocale del popolo ebraico, del loro riscatto.

Quella sera Israele insegnò al mondo cosa significhi essere un popolo libero, aver diritto alla propria terra e riconoscere unicamente la Toràh, la Legge e l’insegnamento dell’unico Dio.

Tuttavia l’uccisione di uomini e fanciulli egiziani colpevoli soltanto di essere primogeniti non fu qualcosa di cui poter andar fieri; ecco perchè ancora oggi, alla vigilia di Pesach, i primogeniti Ebrei digiunano perchè ricordino che uomini innocenti morirono per la loro salvezza, che il Dio d’Israele fece una dolorosa scelta e che la morte è un fatto tragico per l’uomo, chiunque esso sia; un gesto di umiltà dunque, che contraddistingue gli 8 giorni della festa di Pesach.

A cominciare dalla matzàh, il pane non lievitato di cui gli Ebrei debbono cibarsi per tutti i giorni di Pesach (perciò Pesach è anche chiamata Chag Hamatzòth, Festa delle Azzime).

Pane senza chamètz ovvero cotto senza che faccia in tempo a fermentare.

Senza chamètz deve essere tutta l’alimentazione ebraica durante Pesach; perciò al bando grano, orzo, farro, avena, segale e loro derivati, se non sono stati cotti sotto stretta sorveglianza rabbinica. L’ordine è tassativo: chiunque mangerà del chamètz sarà escluso dalla comunità di Israele (Es. 12,15).

Il chamètz va cercato, trovato e bruciato.

I cibi contenenti chamètz possono essere distrutti o venduti.

Privarsi del chamètz significa anche purificarsi di tutto quanto possa lievitare nell’uomo; orgoglio, egoismo, sentimenti che tendono inevitabilmente a far gonfiare l’uomo, che deve estirpare dal suo animo e dalla sua vita materiale il chamètz, inteso simbolicamente come fermento del male.

Vigilia di Pesach

La sera del 14 di Nissàn il padrone di casa, seguito dalla famiglia e soprattutto dai bambini, a lume di candela va alla ricerca (bedikath) del chamètz con un piumino per raccoglierlo e recita la berachà. Ma poichè spesso la casa, essendo stata sottoposta a pulizie, non presenta residui di chamètz, la padrona di casa nasconde alcuni pezzi di pane per far sì che la berachà non sia pronunciata invano. Il 14 mattina si procede alla bruciatura del chamètz e alla recita della formula di annullamento del chamètz che non si è visto e tolto.

Il 14 di Nissàn i primogeniti osservano un digiuno breve (dall’alba al tramonto) in ricordo dei primogeniti egiziani che furono uccisi per la salvezza del popolo ebraico. Si è esonerati dal digiuno se si partecipa a una Seudath Mitzvà ossia un pasto in onore di una cerimonia religiosa.

Seder

Il seder di Pesach, la cena delle prime due sere di Pasqua, è costellata da cibi e atti simbolici che scorrono sulla tavola imbandita delle case ebraiche. Al centro della tavola ci sarà il piatto del Sèder con 3 matzòth ricoperte da un tovagliolo (una delle quali, chiamata afikòmen, è oggetto di un sapiente gioco tra il capotavola e i bambini seduti a tavola), il maròr (le erbe amare, ricordo della schiavitù egiziana), il charòset (impasto di mandorle, mele, fichi secchi e vino rosso che ricorda la malta dei mattoni con i quali gli Ebrei costruivano piramidi e statue in Egitto), il carpàs (una foglia di sedano con accanto una ciotola di acqua salata o aceto), il vino da consumarsi in abbondanza (sino a 4 calici di 86cc ripieni per ognuno dei commensali; per i bambini si può usare il succo d’uva), l’uovo sodo (simbolo di lutto per la distruzione del Tempio di Gerusalemme), il korekh (specie di panino preparato con due pezzi di matzòth con dentro charòset e maròr) il tutto scandito dalla lettura della Aggadàh (il racconto della Pasqua, ricco di citazioni bibliche e della tradizione rabbinica). Durante il seder occore mangiare almeno 28 grammi di matzà.

Infine, il zerò'a, una zampa arrostita di agnello, il simbolo più triste; perché l’Ebreo non consuma più l’agnello pasquale dal giorno in cui il Tempio di Gerusalemme fu distrutto dai Romani nell’anno 70 e.v., distruzione che diede termine al corbàn, il sacrificio quotidiano che si consumava nel Bet haMikdash. Unica eccezione, Roma; lì l’agnello viene tuttora mangiato a Pesach in seguito a una eccezionale deroga che sin dai tempi più antichi fu concessa alla più importante comunità ebraica dell’Impero romano. La cena vera e propria viene consumata nel mezzo del rituale del seder.

Il seder di Pesach ha qualcosa di magico; è una festa ebraica ma è rivolta anche ai non Ebrei, perché possano comtemplare il miracolo della libertà riservato al popolo di Israele. Perciò le porte di casa degli Ebrei rimangono aperte alla sera di Pesach. Eppure a tavola c’è un posto imbandito al quale non siede nessuno; quella sedia è per Elia, il profeta che secondo il racconto biblico fu rapito da un carro celeste e che la sera di Pesach, all’insaputa dei padroni di casa, potrebbe entrare nella casa di ogni Ebreo, magari sotto le spoglie di un povero passante. Sarebbe un segno atteso della venuta del Messia.

 

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