[b]di Daniel Pipes
Liberal
5 marzo 2009

Pezzo in lingua originale inglese: That Surreal Gaza Reconstruction Conference

Sono stato l'unico a stropicciarmi gli occhi, quando il governo egiziano ha ospitato una "Conferenza Internazionale per la Ricostruzione di Gaza"?[/b]

Hosni Mubarak parla alla Conferenza dei donatori per la ricostruzione di Gaza.
L'esatta somma raccolta nella conferenza ammonta a 4,5 miliardi di dollari e se a questa si aggiungono i fondi già promessi si arriva a un aiuto economico complessivo di 5,2 miliardi di dollari da erogare a Gaza e all'Anp nel giro di due anni. Un raggiante Ministro degli Esteri egiziano ha asserito che la somma raccolta «va ben oltre le nostre aspettative». Il segretario di Stato americano Hillary Clinton l'ha definita «una conferenza molto fruttuosa».

Il presidente egiziano Hosni Mubarak, quello francese Nicolas Sarkozy, il premier italiano Silvio Berlusconi, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, Amr Moussa della Lega Araba e Mahmoud Abbas dell'Autorità palestinese hanno tenuto i loro discorsi ed elargito le loro donazioni.

Ma a cosa è dovuta la mia incredulità davanti a questo spettacolo? Io mi chiedo se queste eminenti personalità credano veramente che la guerra a Gaza sia acqua passata e che il tempo per la ricostruzione sia prossimo.

Costoro evidentemente non sono stati costretti a leggere i dispacci provenienti dal sud d'Israele che riportano le cronache quotidiane di una guerra che in quei luoghi continua.

In una protesta ufficiale indirizzata alle Nazioni Unite, l'ambasciatrice israeliana Gabriela Shalev ha rilevato che dalla tregua del 18 gennaio scorso «ci sono stati circa un centinaio di lanci di razzi e di attacchi a colpi di mortaio sferrati dalla Striscia di Gaza» ovvero oltre due al giorno. Ma il loro numero aumenta, con una dozzina di razzi lanciati contro Sderot, soltanto l'1 marzo.

In risposta a questi attacchi, il Gabinetto israeliano ha deciso che «se il fuoco di fila dalla Striscia di Gaza dovesse continuare, ciò verrebbe fronteggiato da una risposta dolorosa, drastica, forte e intransigente da parte delle forze di sicurezza». Il premier designato d'Israele Binyamin Netanyahu ha riecheggiato questa bellicosità dicendo a un leader europeo, da quanto è stato riferito, che non sacrificherebbe la sicurezza di Israele "per un sorriso".

Che diavolo stanno facendo i Paesi donatori, entrando nel bel mezzo di una guerra in corso con i loro immaginari tentativi di ricostruzione di alto profilo? La mia migliore congettura è la seguente: ciò gli permette di avvertire sottilmente Gerusalemme che sarebbe meglio non sferrare un nuovo attacco contro Gaza, perché così facendo dovrà vedersela con parecchi governi donatori molto arrabbiati, inclusa naturalmente l'amministrazione Obama.

Ad accrescere la natura surreale della situazione è una sconsiderata noncuranza per le necessità di sicurezza dello Stato ebraico. Si consideri il comportamento di Douglas Alexander, segretario per lo sviluppo internazionale del governo laburista britannico, che ha promesso fondi per 30 milioni di sterline a spese dei contribuenti per ricostruire abitazioni, scuole e ospedali a Gaza. «C'è un disperato bisogno che si allenti la morsa delle restrizioni sui rifornimenti di beni» egli ha detto, chiedendo poi che «Israele faccia la cosa giusta, permettendo l'approvvigionamento di beni indispensabili a questi uomini, donne e bambini che continuano a soffrire».

Tutto questo è molto filantropico da parte di Mr. Alexander, ma egli ha ostinatamente ignorato le accuse israeliane secondo cui Hamas confischerà acciaio, calcestruzzo ed altri materiali edili importati per costruire più tunnel, bunker e razzi. Dopotutto, Hamas si è già appropriata di consegne destinate alla popolazione civile e in modo così manifesto che perfino la solitamente docile United Nations Relief and Works Agency (l'Agenzia internazionale che si occupa della ricostruzione nelle zone di guerra) ha protestato.

Hosni Mubarak potrebbe avvertire Hamas di non considerare le promesse dei donatori come una "conquista di guerra", ma essa di certo farà esattamente quello che il deputato repubblicano Mark Kirk (repubblicano dell'Illinois) ha capito bene: «Spedendo 900 milioni di dollari in quest'area e supponendo che Hamas sia in grado di trafugarne solamente il 10 per cento, noi diventeremmo il secondo grande finanziatore di Hamas dopo l'Iran».

Pertanto, sotto il gioioso vessillo della ricostruzione – nelle parole della Clinton, «una pace globale tra Israele e suoi vicini Paesi arabi» – gli Stati donatori non soltanto sfidano Israele a tutelarsi dai lanci di razzi, ma convogliano materiale bellico a Hamas.

Questa è ignoranza o mendacia? Sospetto che sia quest'ultima, perché nessuno è così ottuso.

[b]Daniel Pipes
Liberal
5 marzo 2009[/b]

 

Comments are closed.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.