La cantante Noa: «Vince chi parla di forza, sicurezza, orgoglio delle radici»
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GERUSALEMME — Contenta? «Sì e no. S'è capito che Netanyahu e Lieberman sono gli eroi di questo Paese. Però se Tzipi la spunta, abbiamo qualche speranza».
Cade l'acqua, ma non si spegne: Noa è andata tardi a votare per la Livni, sotto un diluvio, e quando rincasa per accendere la tv ha già saputo com'è andata dalle chiamate degli amici: «E va bene, un sacco di destra e una buona notizia». Quarant'anni a giugno, la voce bella quanto il viso, la più famosa ebrea yemenita d'Israele è abituata a non sentirsi mai nel posto giusto: quand'era bambina a New York, non si sentiva americana, quando faceva la naja in Israele, non capiva una parola d'ebraico. E anche ora che è La Voce d'Israele, resta senza voce: «Non condivido una parola della destra. Ma capisco chi l'ha votata».
Una valanga annunciata. E quel crollo a sinistra…
«Il motivo non va cercato solo dentro Israele: va cercato fuori. È da anni che noi israeliani ci sentiamo isolati. Ogni volta che vado all'estero, mi sento attaccata. Quanto fanatismo, soprattutto in Europa. Un processo sommario a un intero popolo. Israeliani tutti cattivi. Allora, capisco questa necessità di difendersi: la destra dà risposte a chi si sente fuori posto. Io credo nella pace, ma non condanno chi vota a destra. Ogni giorno, nel mondo c'è una manifestazione antistraeliana. Non ne ho mai viste tante contro la Russia, o per le libertà schiacciate nei Paesi arabi. Ci fanno venire il complesso di dirci israeliani. E che cosa credono d'ottenere, se mettono un popolo intero in un angolo, se lo identificano nei suoi governanti? Vince chi parla di forza, di sicurezza, d'orgoglio delle radici».
Ma se ci sarà un governo Livni…
«Bisogna vedere quanto peseranno, i suoi voti. Io sto con Tzipi, perché è una donna e ha un vissuto. L'ho conosciuta anni fa. Mi ha dato subito l'impressione d'una capace d'attraversare gli schieramenti. Kadima non è il mio partito. Ma lei è la mia premier».
Quanto ha pesato Gaza?
«La guerra è stata un momento d'incubi. Ogni israeliano che crede nella pace l'ha vissuta malissimo. I miei amici che stanno a Gaza mi hanno sempre parlato di che inferno sia. Non si racconta spesso che cos'è vivere sotto Hamas. Senza libere opinioni, senza democrazia. Se la sera parli in casa di politica, devi chiudere le finestre. Ho aiutato un mio amico del Fatah a venirsene a Ramallah. Mi ha descritto torture terribili. Mi piacerebbe, un concerto per ricostruire Gaza. Ma bisogna essere sicuri: nemmeno l'Onu ha la certezza che gli aiuti per Gaza non finiscano nelle casse di capi di Hamas, quelli che poi comprano i razzi e ammazzano la gente».
Questo Paese non sembra mai stanco di muscoli, di fanatismi.
«È per questo che canto. Cantare è amicizia. Far nascere amicizia fra due popoli. È il mestiere dei politici, dei leader religiosi, ma anche degli artisti». I leader religiosi: lei è la cantante del Papa… «Non chiamatemi la cantante del Papa, per piacere! Sono anche altro! In Italia ho fatto concerti, ho lavorato con Benigni per "La vita è bella". Ho fatto perfino concerti in napoletano ».
Va bene: ma canterebbe ancora, per questo Papa?
«Entrare in Vaticano sotto Giovanni Paolo II è stato un grande onore. Era un uomo fantastico, ha avvicinato le genti e le religioni. Con Ratzinger, non si fanno più concerti. Ha bloccato tutto. Non sono stata più invitata e non so se accadrà mai. È un Papa diverso. Penso abbia capito d'aver fatto qualche errore, quando s'è dimenticato di citare le sofferenze degli ebrei, quando ha tollerato il vescovo negazionista. L'ha capito, ma s'è fermato lì. Il suo è un dialogo più complicato».
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