[b]La maggior parte è morta per fame. Il direttore: «Per più di due settimane non siamo riusciti a portare cibo»

LA STRAGE TRA LE GABBIE A ZEITUN, NELLA PERIFERIA SETTENTRIONALE DELLA CITTÀ[/b]

[b]Corriere della Sera. Dal nostro corrispondente Francesco Battistini [/b]

GERUSALEMME – Non si uccidono così anche i cammelli? Nella conta dei morti di Gaza – quelli che alla fine contano davvero: vecchi, donne, bambini -, ci sono quattrocento carcasse che per un mese nessuno ha visto, raccolto, sepolto. Sono gli animali dello zoo di Zeitun, periferia settentrionale di Gaza City, uno dei sobborghi più colpiti nelle tre settimane dell’operazione Piombo Fuso.

In molti erano arrivati nella Striscia dall’Egitto, fatti passare chissa come per i tunnel. Scimmiette, leoni, gazzelle, struzzi. Pochissimi di loro sono sopravvissuti alla guerra: Sabrina la leonessa, il suo spelacchiato compagno, qualche uccello, una decina in tutto… Gli altri, tutti lì a marcire fra le mosche: del cammello rimane quasi nulla; degli struzzi, meno ancora. Qualche bestia è morta sotto le bombe, altre hanno fori di proiettili.

LA MAGGIOR PARTE MORTI PER FAME – Ma la maggior parte se n’è andata per fame: «Per più di due settimane non siamo riusciti a portare cibo agli animali – racconta alla Bbc il direttore dello zoo, Emad Passim -. Era troppo pericoloso avvicinarsi, c’erano i soldati israeliani e i carri armati». Com’è nella legge d’ogni guerra, solo i più forti hanno resistito. E a scoprire che i leoni ce l’avevano fatta, un mese fa, è stata proprio una squadra di soldati israeliani, riuscita ad entrare nello zoo dopo aver fatto detonare mine e bombe-trappola piazzate dagli uomini di Hamas (c’è un video dell’esercito che mostra questi ordigni, sistemati fra le gabbie e una scuola che sta lì vicino). Sabrina e il suo re della savana, finiti in tv, hanno trovato perfino chi è disposto ad adottarli: allo zoo israeliano di Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, durante la guerra sono nati due cuccioli di leoni, battezzati Salam e Shalom. Da Gaza però, da dove migliaia di palestinesi vorrebbero uscire ben prima dei felini, hanno risposto che la coppia resta dov’è.

LE RICHIESTE DEGLI ANIMALISTI ISRAELIANI – Gli animalisti israeliani non si sono scoraggiati: l’organizzazione Tnu lahaiot lihiot, “Lasciate vivere gli animali”, ha chiesto al ministero della Difesa di lasciar passare cibo, medicine e antiparassitari per i sopravvissuti dello zoo. Ci sono altre priorità, naturalmente, ma la colletta è partita e nei prossimi giorni la missione di soccorso si farà: trenta camion – costo fra i 170 e i 350 dollari per ciascun carico – porteranno a Gaza anche avena, fieno e miglio. «Gli animali non c’entrano nulla con la guerra fra gli umani – dice Eli Altman, portavoce degli ambientalisti – e la collaborazione fra Israele e Hamas, almeno su questo, è un esempio che va oltre un semplice zoo». Anche nel sud d’Israele, dove cadono i Qassam, parecchi animali sono da soccorrere: «Molte famiglie li hanno abbandonati», racconta Altman: duecento cani e settanta gatti di Sderot, Beer Sheva, Ashdod aspettano nuovi padroni a Ramle, in un canile. Altman spera che le bestie, prima degli uomini, diventino un mezzo di scambio pacifico: un ippopotamo israeliano, lo scorso anno, è finito nello zoo palestinese di Kalkilya. Nelle gabbie di Gaza aspettano Salam e Shalom, i leoncini: ma non è detto che il secondo possa tenersi anche il suo nome.

 

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