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[b]Un articolo di Emanuele Fiano[/b]

Cara Carla ti scrivo; no, non è una canzone, sono io che rispondo ad una persona cara che mi chiede di spiegare le ragioni di Israele. La immagino mentre scioccata guarda le immagini di qualcuno dei corpi straziati dei bambini palestinesi.
Cara Carla ti scrivo mentre navigo nervosamente tra un sito e un altro osservando immagini spaventose di morti, sangue, terrore. Sagome marziane di soldati al fronte si stagliano contro surreali sfondi verdastri e notturni, illuminate da colpi di artiglieria, mentre le agenzie di tutto il mondo aggiornano ogni ora la conta dei morti.

E’ morto ieri per un proiettile shrapnel, proiettile cavo e riempito di sfere di piombo, il primo soldato israeliano, gli sia lieve la terra. Era il Sergente Dvir Emmanueloff di 22 anni, di Givat Ze'ev. Emmanueloff era parte di una unità del genio della Brigata Golani. Sabato sera aveva avvertito la madre con un ultima telefonata, che stavano entrando a Gaza.
Christine Turok aveva invece 14 anni e viveva a Gaza, suo padre è medico, è morta Sabato di un attacco cardiaco, le sia lieve la terra. E' morta di paura dice il patriarca Latino della chiesa di Gaza : " Ha sofferto di disturbi nevrotici e di una situazione di paura, sono molti i bambini a Gaza che soffrono così. Venerdì, durante un bombardamento di F-16 , è caduta sul terreno a causa della terribile suono. Suo padre ha cercato di aiutarla, ma non poteva. Poi l'ha presa tra le braccia sperando di salvarla nel suo ospedale, ma è morta prima di arrivare.”
Christine aveva 2 anni nel 1996 quando sia Hamas che Jihad Islamica avevano boicottato le elezioni del Consiglio Legislativo Palestinese dicendo che non riconoscevano gli accordi israelo-palestinesi di Oslo, sulla base dei quali era stata creata l’Autorità Palestinese ed erano state indette le elezioni per presidente e parlamento. Erano i tempi della speranza di pace, e Hamas era contraria. Dvir nasce quando Ron Arad, il pilota israeliano caduto in Libano, viene rapito da Amal e poi da Heizbollah. Il suo corpo non verrà mai restituito.

Potrei continuare all’infinito, cara Carla, raccontando la storia del Medio Oriente come catena di morti, di errori e di orrori. Raccontare questa storia facendo piangere è facile e paga emotivamente. Chi vuole trovarci semplicemente una parte che rappresenta il male e una che rappresenta il bene, qui troverà pane per i suoi denti. Per questo ti ho raccontato della morte di un soldato e della morte di una bambina, la verità sembrerebbe già scritta. Il male, armato fino ai denti, vestito di verde, con il viso dipinto di nero e le mani premute su di un grilletto che spara all’impazzata, e il bene, negli occhi di una bambina innocente che gioca, impazzisce per le bombe, cade e muore. Ma non è così. La verità è diversa. Per esempio: è vero che Hamas vinse le democratiche elezioni palestinesi del gennaio 2006. Ma, è anche vero che, nel giugno 2007 ha imposto il proprio potere nella striscia di Gaza con un golpe brutale e sanguinoso, con tanto di raccapriccianti violenze e decimazioni sommarie dei rivali di Al Fatah. E poi se è vero che vinse le elezioni, nessun meccanismo democratico potrà mai, perlomeno ai miei occhi di democratico europeo occidentale, legittimare i principi contenuti nella sua carta; Hamas, nella sua carta costitutiva non limita i propri obiettivi ad uno scontro con il sionismo nel contesto soltanto del conflitto arabo-israeliano. Esso si considera la punta di lancia di un movimento di massa in lotta contro gli "ebrei guerrafondai" e il "sionismo mondiale" (art. 32). Nella visione di Hamas, "i nemici" (ebrei, ebraismo e sionismo in questo contesto sono concetti totalmente intercambiabili) complottano contro il mondo. Ricorrendo ai temi classici dell'antisemitismo usati, fra gli altri, dai nazisti e citando I Protocolli dei Savi di Sion noto falso usato dagli antisemiti all'inizio del secolo, la Carta di Hamas sostiene che questi "nemici" stanno dietro ad ogni male e sono i veri nemici di tutto il genere umano (art. 17, 22, 28, 32). Hamas così pensa alla pace: "La Palestina è terra di proprietà islamica (waqf), consacrata alle generazioni musulmane fino al giorno del giudizio" (art. 11) e anche : "Israele esisterà e continuerà ad esistere finché l’Islam non lo cancellerà, proprio come ha cancellato altri prima di esso". Insomma non solo un partito politico che rappresenta il sacrosanto diritto politico dei palestinesi a vivere entro uno stato autonomo prospero e democratico, no, essi certamente rappresentano una parte dei Palestinesi, ma sono nella sostanza culturale, la propaggine locale dell’islamismo fanatico e integralista che attraversa tutto l’Islam da decenni e che trova oggi nell’Iran nucleare di Ahmadinejad, e nei seguaci di Al Qaeida i propri leader di morte. E nella guerra santa contro tutto l’occidente il loro sogno preferito.

Sarei un bugiardo se a questo punto tacessi delle responsabilità che anche Israele ha; la principale ai miei occhi, e agli occhi della sinistra storica israeliana, è quella di aver trasformato un’occupazione difensiva dei territori, quella attuata nel 1967, in una occupazione stabilizzata, con la creazione di decine di insediamenti. E con il mantenimento di una situazione nei territori occupati; socialmente economicamente e umanamente inaccettabile. Vi fu una stagione di speranza, quella di Rabin, Arafat e Peres e degli accordi di pace di Oslo. Fu quella, Carla, la stagione del compromesso, parola magica che la politica dovrebbe venerare, territori in cambio di pace, abbandono del terrorismo e libere elezioni nei territori occupati, autonomia palestinese e sicurezza per gli israeliani. Poi sono venuti gli anni del gran rifiuto di Arafat nel 2000 a Camp David del compromesso territoriale proposto da Barak (restituzione del 98% dei territori) e gli anni dell’espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati. Poi ancora è venuto il tempo di Hamas, e dei governi del centrodestra israeliano, e poi ancora la morte di Arafat, la svolta di Sharon e l’abbandono di Gaza, e gli oltre 8000 missili di Hamas lanciati in 7 anni, con una trentina di morti e circa 600 feriti, e certamente anche la chiusura ripetuta del confine di Gaza, i rifornimenti bloccati, gli omicidi mirati e la vita difficilissima al suo interno. Ma all’interno di una striscia governata da un nemico mortale che non ha mai smesso le proprie azioni militari contro Israele.
Per tutto questo e molto altro, se mi chiedi di spiegare le ragioni di Israele, ti chiedo di comprendere il pericolo di morte di uno Stato che vive se stesso come in continuo pericolo di vita, che ascolta le minacce di annientamento che l’Iran, gli Heizbollah, Hamas, la JIhad, Al Qaida, gli rivolgono ogni giorno da ogni possibile media del mondo, ti chiedo di comprendere una nazione figlia di un popolo che ha vissuto in continuo pericolo di vita e che si confronta con un popolo che ha un diritto che va difeso strenuamente ma che è guidato a Gaza, da una milizia integralista che non crede nella pace e non la vuole. Che crede nel diritto divino e nell’annientamento degli ebrei. Israele sta combattendo a Gaza per distruggere le infrastrutture militari di Hamas, che sono mescolate e nascoste nelle residenze civili, nelle moschee e negli ospedali. Israele non combatte per eliminare i palestinesi. Il dramma certo, è che a morire sono molti, troppi, civili.
Ma se mi chiedi ora se la strada che sta seguendo Israele io la condivida pienamente, ammetto di essere in difficoltà, ora è venuto il tempo di trovare le condizioni di una tregua.

Io difendo il diritto di Israele a reagire militarmente in difesa dei suoi abitanti, è un concetto che qualunque stato adotterebbe per i suoi, ma il prezzo che stanno pagando i civili palestinesi impone di fermarsi, per ragioni umanitarie e perché nessuna forza militare potrà mai avere ragione sino in fondo dell’odio più feroce. Saranno domani i palestinesi che possono portare a casa un risultato di pace e di futuro per il loro popolo i più forti avversari dell’integralismo di Hamas.

Fermarsi. E’ questo quello che la politica può suggerire agli eserciti, come avvenne in Libano. E’ questo che l’Europa può chiedere alle parti, garantendo a Israele l'interruzione di ogni ostilità di Hamas verso Israele, ed ai palestinesi il ripristino di condizioni umane a Gaza. Saprà l’Europa garantirlo ? Un Europa e un mondo debole politicamente, hanno difficoltà a offrire a Israele quelle certezze di cui ha bisogno per potersi fermare, e ai palestinesi quelle garanzie sul proprio futuro che indeboliscano gli integralisti e rafforzino i moderati.
In quella terra che è sacra per alcuni e patria politica per altri, convivono due diritti, di due popoli che meritano due stati, ma queste parole dette stanotte sanno molto di bella affermazione di principio. Chi sono io per dare consigli a chi ha vissuto per anni nei rifugi a Sderoth aspettando il missile di Hamas, o piange stanotte a gaza la morte di suo figlio. Mentre noi conversiamo amabilmente, ci saranno altre morti orribili, altri pianti e lutti. Il nostro compito è impedire che il sangue ci impedisca di vedere e di parlare.

 

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