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[size=12][b]Il Giornale, 14 dicembre 2008
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Israele è spesso un paese di paradossi: elesse Arik Sharon per essere difesa dall’Intifada e si ritrovò Gaza sgombera e in mano a Hamas; elesse Olmert perché era l’erede di Sharon, e se l’è ritrovato alla sinistra dei laburisti, a trattare con i siriani e a promettere Gerusalemme ai palestinesi.

Adesso, mentre tutto il mondo paventava l’ascesa di Netanyahu come leader di destra, il suo Likud, alle primarie, ha dimostrato di considerarlo invece troppo di sinistra e di volergli mettere alle costole un personaggio dalle labbra sottili e la determinazione messianica, Moshè Feiglin, un colono particolarmente tagliato con l’accetta, molto religioso, al contrario di Bibi che è laico, molto determinato a non spostarsi di un centimetro mentre Bibi e anche la gran parte dei coloni sono invece pronti a sacrificare molto per la pace, come si è dimostrato a Gaza nel 2005.
Netanyahu, a cui va la simpatia del 31 per cento dell’elettorato israeliano mentre Tzipi Livni ha soltanto il 24 e i laburisti l’11 come lo Shas, partito religioso, se vinceraà le elezioni sarà un primo ministro molto contrastato all’interno: dopo le primarie conclusesi martedì, sarà assediato da 19 probabili parlamentari degli “slot” di Feiglin contro i suoi 17: Bibi vuole fare un governo di coalizione, e Feiglin esclude ogni rapporto con la sinistra; Bibi vuole portare nuova vita, con cessioni e scambi territoriali e d’altro tipo, nei rapporti con i palestinesi e vuole anche andare a vedere cosa intendono dire i siriani quando fanno balenare la pace in lontananza; Feiglin intende evitare, ritenendo Abu Mazen troppo debole e Hamas impraticabile, ogni contatto con i palestinesi; quanto al mondo arabo, ne sottolinea, non a torto ma in maniera totalizzante, ogni possibile praticabilità per la pace. Netanyahu manda di nascosto in questi giorni di campagna elettorale messaggi rassicuranti sia agli americani, che hanno sempre in ballo il processo di Annapolis, che agli arabi.
Tutti sanno che Bibi è quello che in definitiva ha firmato con Arafat gli accordi di Wye Plantation ed ha sgomberato Hebron riducendo la presenza ebraica a un piccolo gruppo che vive sulla tomba dei Patriarchi. Ma la sua intensa ripulitura a sinistra, atta anche a conquistare la simpatia internazionale per il giorno in cui sarà un primo ministro certamente guardato storto dal politically correct internazionale, non ha convinto buona parte del Likud. La minaccia iraniana innanzitutto, le alleanze degli Hezbollah e di Hamas con Iran e Siria, l’accanimento di Hamas su Sderot con i missili, il crudele rapimento di Gilad Shalit di cui non si sa niente da quasi 3 anni, ha condotto Feiglin, un uomo che ha parlato dell’assassinio di Rabin in termini di cospirazione dei servizi segreti e della sinistra, che sul suoi sito dice di volere uscire dall’ONU e che non ha mai voluto condannare Baruch Goldstein, ad allargarsi nel Likud in maniera tale da rendere la gestione Netanyahu assai problematica. Oltretutto, durante le primarie, la scelta del partito di usare un complicato sistema elettronico per votare ha causato il calo dei voti e solo i motivati militanti di Feglin hanno resistito fino all'una di notte, ora di chiusura dei seggi. Tuttavia fra gli eletti negli “slot” sostenuti da Feiglin ci sono personaggi, come Benny Begin o Reuven Rivlin, che con tutta probabilità recupereranno rapidamente la loro autonomia e sceglieranno di nuovo Netanyahu.

 

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