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[b]18.03.2008
polemiche in Israele
Testata: Corriere della Sera
Data: 18 marzo 2008
Pagina: 15
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Wiesel e la fiaccola di Israele, è polemica»
Da il CORRIERE della SERA del 18 marzo 2008:[/b]
[b]NEW YORK[/b] – Il duro editoriale dello scrittore israeliano Yoram Kaniuk pubblicato la scorsa settimana su Yedioth
sotto al titolo «La scelta sbagliata. Elie Wiesel è un brav' uomo ma la fiaccola dovrebbe essere accesa da un israeliano » non c'entra.
«Non l'ho letto, ma la mia decisione precede di parecchio quell'articolo», assicura lo scrittore e premio Nobel.
Tre settimane fa, quando il primo ministro Olmert lo chiamò, Wiesel declinò subito l'invito. Il motivo: una serie di conferenze negli Stati Uniti, fissate come al solito anni prima, che non poteva in alcun modo annullare. «Quando Israele mi chiama, io corro sempre», precisa, «e l'avrei fatto anche questa volta – nel 2008 sono già stato nel Paese ben cinque volte. Ma non potevo deludere migliaia di persone iscritte per sentirmi parlare».
«La fiaccola per i 60 anni di Israele non viene accesa per onorare gli ebrei o l'Olocausto ma la rinascita che ne è seguita », scrive Kaniuk, secondo cui illuminarla «è un onore che spetta a chi paga le tasse e spedisce i propri figli nell' esercito di questa difficile nazione, ma non a chi viene qui, si innamora del Paese e poi se ne va».
«Non mi va di polemizzare con Kaniuk», ribatte l'autore di «La notte». «Però se un ebreo è invitato dal primo ministro israeliano, in nome dello stato ebraico, perché mai dovrebbe dire di no? Non vedo alcun problema in quel gesto simbolico». Ma per il 78enne scrittore di «Adamo Risorto», il problema esiste, eccome. «Israele è la patria dei cittadini israeliani», insiste. «Gli ebrei americani ci mandano i soldi, ma se domani scoppiasse una guerra tra noi e l'America, loro combatterebbero nell'esercito statunitense ».
Wiesel non raccoglie la sfida. «E' un dibattito obsoleto », spiega, «quando lo stato ebraico nacque si creò una spaccatura tra ebrei 'dentro' e ebrei 'fuori'. Ma anche in Israele la gente oggi ha capito che siamo un solo popolo, unico e indivisibile».
Ma l'affondo di Kaniuk («un tailandese non ebreo figlio di emigranti ed entrato nell'esercito da una sola settimana ha più diritto ad accendere la fiaccola di un ebreo non israeliano») non lo lascia indifferente. Questo anniversario, secondo lui non è solo degli israeliani. «Tutti gli ebrei del mondo sentono di essere in un modo o nell'altro parte di Israele, della sua storia, dolore, aspirazioni. Quella terra è di tutti noi». «La storia degli ebrei della diaspora e quella degli israeliani è la stessa», incalza, «anche se non possiamo votare in Israele, ce ne sentiamo parte e accendere la torcia è un gesto simbolico per sottolineare la nostra appartenenza ». E comunque secondo la legge del ritorno qualsiasi ebreo ha diritto alla cittadinanza israeliana. «Quando nel 2006 Olmert mi chiese se volevo diventare presidente di Israele gli risposi che non avevo il passaporto. "Se è per quello puoi averlo in cinque minuti", mi rispose. Dopo settimane sotto una pressione terribile, alla fine rifiutai perché sentii che non faceva per me. Ma solo perché non ho la stoffa del politico».
One Response to Elie Wiesel e la fiaccola per i 60 anni di Israele
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Secondo me, dal momento che non si parla di "popolo ebraico"
ma di "Israele", la fiaccola dev'essere accesa da un ebreo
israeliano che vive in Israele.
Appropriata la foto, che si riferisce alla più grande bandiera
israeliana, spiegata a Eilat!!!