La storia di Israele: intervista a Claudio Vercelli
[b]In questo singolare libro, edito da La Giuntina, Claudio Vercelli ci accompagna, da storico e da narratore, lungo l’intricarsi di eventi sociali, culturali e politici che hanno portato alla nascita dello Stato di Israele, dal consolidamento del pensiero sionista fino ad oggi.[/b]
L’opera, afferma l’autore, nasce dalla necessità , riscontrata durante la sua attività di ricercatore storico, di ovviare all’incorretta informazione diffusa in Italia riguardo ad Israele, focalizzata sugli aspetti militari e bellici dello Stato all’interno di un conflitto arabo/israeliano ritratto non imparzialmente.
Una disinformazione non calcolata ma generata da un “eccesso di notizieâ€, dal continuo ripetersi di una storia che acquista un carattere epico ma di cui mancano dettagli precisi, sostituiti dai pregiudizi radicati in coloro che raccontano non la realtà ma la visione che hanno di essa. Una visione dove le azioni difensive vengono interpretate come aggressioni, dimenticando come, in un paese dove persista una situazione di conflitto aperto, gli episodi negativi sono inevitabili.
"Occorre invece", afferma lo scrittore," porre in evidenza che, l’identità palestinese attualmente esaltata non è mai effettivamente esistita: la sua ipotetica presenza si manifesta dopo la fondazione dello Stato di Israele, tentando di consolidarsi solo verso gli anni 60/70 con la nascita dell’OLP". In realtà la definizione dei confini israeliani non ha comportato sottrazione di territorio ad alcuno: il vero problema non è la terra che gli arabi della Palestina mandataria avrebbero “persaâ€, ma la terra che essi non sono mai stati in grado di trovare, incapaci di condividere le decisioni dell’ONU. Infatti, considerando che il flusso dei profughi arabi è parallelo a quello di profughi ebrei espulsi dai paesi del Medio Oriente, è vero che i primi non hanno avuto a loro disposizione una nazione dove stabilirsi.
Ne consegue che, se il desiderio di emancipazione e di realizzazione individuale e collettiva dell’ebraismo europeo si è tradotto nell’ideale sionista dando vita, malgrado le difficoltà , allo Stato di Israele, nel 1947 gli arabi non si dimostrano altrettanto emancipati, e la loro realtà , costituita da grandi famiglie prive di organizzazioni politiche e culturali, è incapace di ammettere la presenza, orientata al progresso, delle comunità ebraiche.
Da qui, giungere ai diffusi luoghi comuni secondo i quali Israele costituirebbe il “lieto fine†di un Olocausto spesso negato (ed esaltato dagli stessi negazionisti), una sorta di “risarcimento†avvenuto ai danni di un popolo al quale in realtà nulla è stato sottratto, non è stato difficile. Dimenticando che la Shoah non si lega affatto ad uno Stato che sarebbe comunque sorto, e di una terra che addirittura nel momento della necessità , intorno agli anni 40, diviene quasi irraggiungibile a causa dei limiti migratori e dell’avanzata tedesca.
"Israele", dice ancora Vercelli, "non è la conseguenza dell’Olocausto, ma il risultato di un processo culturale e di un’identità politica che, fin dal primo 900, trova nella propria ebraicità una possibilità di indipendenza e di rinnovamento. La sua costruzione non è semplice: il sionismo, erede del Risorgimento e del socialismo prebolscevico, viene dapprima considerato un’utopia, e spesso guardato con ostilità dalle comunità ebraiche dell’europa occidentale, perfettamente integrate o orientate se mai verso l’America, a differenza dell’Est Europeo, dove la popolazione ebraica è costretta a vivere in stato di emarginazione. Anche lo sviluppo della nazione stessa ha incontrato svariati ostacoli, dovuti soprattutto al continuo confronto con le molteplici culture importate dagli immigrati. Ma, in qualche modo, la sfida è stata vinta e, anche in merito alla multiculturalità acquisita con la diaspora che costituisce l’essenza stessa dell’ebraismo, la realtà israeliana è divenuta una democrazia policroma e sfaccettata, capace di fare di questa eterogeneità il proprio punto di forza.
Attualmente", afferma Claudio Vercelli, "i progetti di pace di cui si parla oggi non offrono in sè prospettive ottimistiche, ma è necessario proseguire a negoziare, soprattutto trattandosi di interlocutori arabi. Più facilmente, sarà probabile che in futuro sia l’evoluzione a produrre, se non un processo di pace, almeno un compromesso. Considerando problematiche complesse come l’incremento demografico, notevole nei Territori, e le risorse legate al Metiderraneo, è utile confidare in una leadership politica araba che comprenderà l’impossibilità di progredire mantenendo un’immagine militante e guerrigliera destinata a perdere il proprio fascino".
Per finire, occorre tener presente come gran parte delle contestazioni rivolte ad Israele, che sia da parte dell’Iran o della popolazione palestinese, o le critiche rivolte ad una sua presunta egemonia militare e politica, nascono in realtà dai disagi e dai problemi interni agli stessi paesi accusatori, che scelgono di addossare ogni colpa all’unica nazione democratica e orientata allo sviluppo presente nell’area mediorientale, senza pensare come invece potrebbe rivelarsi una fonte di reciproci vantaggi.
[b]Claudio Vercelli
Israele – Storia dello Stato dal sogno alla realtà (1881-2007) Editore La Giuntina
Euro 18 [/b]
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