Vincono gli Israeliani a Trapani
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Corriere Casa
30 Settembre 2007
Trionfano i due cuochi del team israeliano
Il cous cous della pace: «Road Map» a tavola
Quello che non hanno ottenuto le diplomazie internazionali è riuscito agli chef riuniti a San Vito Lo Capo con una ricetta ispirata alla Torahincono
DAL NOSTRO INVIATO
SAN VITO LO CAPO (Trapani) – La «Road Map» è già iniziata attorno a una tavola imbandita. Quello che ancora non è riuscito al «Quartetto» e alle diplomazie internazionali dopo mezzo secolo di accesi scontri, è riuscito invece agli chef riuniti a San Vito Lo Capo per la decima edizione del Cous Cous Fest. E, in particolare, a Ronny Basson e Eyal Levy, i due cuochi del team israeliano – una delle otto squadre in gara – che con il loro «Couscous di Re Salomone», una ricetta ispirata alla Torah e contenente tonno rosso, purea di zucca, ceci e salsa di pomodori e melanzane, hanno vinto la gara battendo al rush finale le portacolori italiane. Basson e Levy hanno però fatto di più: dal palco della premiazione, davanti a circa 5 mila persone che affollavano la piazza del santuario fortificato di San Vito, non hanno avuto esitazioni nell’annunciare che, se fossero stati nella giuria, il loro voto sarebbe andato sicuramente alla ricetta palestinese, un cous cous in agrodolce costruito attorno a un arrosto di pollo e completato con una salsa di frutta secca.
Piatti e vincitori del Cous Cous Fest 2007
SOTTO LA TENDA – Non c’è da stupirsi. Per tutti i tre giorni della competizione i cuochi israeliani e palestinesi hanno trascorso insieme non solo i momenti di lavoro nelle cucine, ma anche il tempo libero nella lounge del loro hotel e il dopo-gara nella Al Waha, la tenda berbera allestita sulla spiaggia bianchissima di San Vito. «Io non sono un politico – spiega Eyal Levy -, ma di una cosa sono certo: gli scontri e le guerre sono questioni che riguardano solo i politici. La gente comune, che si tratti di israeliani o palestinesi, arabi o ebrei, vuole una cosa sola: la pace. E lo manifesta, ogni volta che è possibile, anche nella vita di tutti i giorni».
CHEFS FOR PEACE – La buona cucina, del resto, si presta da sempre ad essere elemento di unione più che di divisione. «Noi – dice ancora Levy – facciamo la nostra parte. Abbiamo un’associazione, 'Chefs for peace', che si propone proprio di organizzare eventi per cercare di unire le persone. Lo facciamo con il cibo, una lingua che tutti sono in grado di comprendere. E con i messaggi che cerchiamo di lanciare».
Cous Cous Fest a San Vito
IL COUS COUS DELLA SPERANZA – I palestinesi, dal canto loro, hanno presentato il loro piatto basato su una varietà particolare di cous cous, il maftul. Quello utilizzato per la gara ha una storia ancora più incredibile: è infatti realizzato da una cooperativa di 400 donne della Striscia di Gaza figlie o vedove di vittime del conflitto israelo-palestinese. Lanciato proprio al Cous Cous Fest in una delle precedenti edizioni, questo maftul è ora commercializzato anche in Italia grazie al circuito del commercio equo e solidale. Queste 400 donne sono così in grado, da sole, di sostenere economicamente tutta la comunità del loro piccolo villaggio.
PIATTO DELLA PACE – «Il nostro è nato proprio come piatto della pace – ha spiegato Levy durante la presentazione della ricetta vincitrice -. Abbiamo cercato di richiamarci alla tradizione biblica, ma anche di inserire un ingrediente proveniente da ciascuno dei paesi in gara». Il risultato non è stato solo di tipo diplomatico: il cous cous di re Salomone ha convinto anche i 15 componenti della giuria internazionale presieduta dal direttore del «Gambero Rosso», Stefano Bonilli, che ha assegnato loro non solo il premio per il «miglior cous cous 2007», ma anche il riconoscimento speciale per l’originalità . Un piccolo passo avanti, seppure simbolico, sul cammino della pace. «Il nostro piatto – dicono ancora i cuochi israeliani, che sul bavero avevano la spilletta dorata del gruppo 'Seeds for peace', i semi della pace – è una combinazione di storia e futuro. Radici israeliane, orizzonti senza frontiere. Per ricordarci da dove veniamo, ma anche dove vogliamo andare».
Alessandro Sala
30 settembre 2007
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