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[b]Dal GIORNALE di oggi, 6/10/2007, a pag. 12 la cronaca di Fausto Biloslavo e a pag. 1-43, l'analisi di R.A.Segre, dopo le rinnovate minacce di Ahmadinejad contro Israele.

L'Iran: " Li cacceremo dalla Palestina", di Fausto Biloslavo:

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Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad riprova a scandalizzare il mondo con uno di sui soliti discorsi fuoco e fiamme contro Israele.

Secondo il capopopolo di Teheran l’odiato stato ebraico «la creazione la sua continua esistenza, il supporto (occidentale, ndr) a questo regime, sono un insulto alla dignità umana». Ieri l’Iran «festeggiava» l’Al Quds day, il giorno dedicato alla «liberazione» di Gerusalemme l’ultimo venerdì di Ramadan, il mese di digiuno islamico. Una vecchia idea voluta dall’ayatollah Khomeini per galvanizzare le masse contro il nemico esterno.
Un’occasione ghiotta per Ahmadinejad, che in passato ha già bollato Israele come «un tumore» da cancellare dalla carta geografica. Nella giornata di Al Quds, il nome arabo di Gerusalemme, è tornato all’assalto verbale dichiarando: «Il popolo palestinese rimane fermo e né quello iraniano, né gli altri popoli del mondo si fermeranno fino a quando tutto il territorio di Palestina non sarà liberato». L’ex pasdaran continua a battere sulla shoah, lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. «L’Iran condanna la fabbricazione di questo pretesto (l’Olocausto, ndr) che permette al regime sionista di commettere un genocidio nei confronti dei palestinesi», sostiene il presidente. Per lui Israele è una minaccia globale e ha riproposto l’idea di sbarazzarsi degli ebrei deportandoli: «Gli europei non tollerano la presenza sionista nei loro paesi, ma vogliono imporla in Medio Oriente. Che li mandino nei vasti territori del Canada o dell’Alaska a ricostruirsi le loro case», ha tuonato Ahmadinejad.
A gettare altra benzina sul fuoco ci ha pensato l'ayatollah Sayyed Mahmoud Hashemi Shahroudi, massima autorità giudiziaria dell'Iran: «Le manifestazioni di oggi (ieri per chi legge ndr) sono un ottimo inizio per la distruzione di Israele». Centinaia di migliaia, se non milioni di iraniani, sono scesi in piazza per la giornata di Al Quds. Donne velate di nero, con i bambini in braccio si trascinavano dietro i palloncini con la scritta «morte ad Israele». Slogan sulla distruzione dello stato ebraico e degli Stati Uniti venivano ripetuti a gran voce dai manifestanti che innalzavano grandi ritratti di Khomeini e del suo successore l’ayatollah Alì Khamenei. I volontari Basji, la giovane milizia del regime, coprendosi il volto con la kefi ah palestinese, marciavano compatti gridando «Hezbollah combatte, Israele trema». Il riferimento è alla guerra dello scorso anno in Libano, che ha visto l’esercito dello stato ebraico in difficoltà. Altri manifestanti appiccavano il fuoco a bandiere americane ed israeliane.
Nel frattempo a Baquba, nel vicino Irak, gli americani sono rimasti coinvolti in una dura battaglia con estremisti sciiti armati e addestrati dai Guardiani della rivoluzione iraniana. Secondo un portavoce Usa 25 miliziani sarebbero rimasti uccisi, ma le autorità irachene sostengono, invece, che l’appoggio aereo ha fatto fuori donne e bambini. In questo clima da distruzione annunciata Ahmadinejad non ha perso l’occasione di tornare sulla delicata questione dell’arricchimento dell’uranio che l’Iran sta portando avanti: «Il popolo dell'Iran non è disposto a sedersi al tavolo delle trattative e a discutere dei propri diritti in materia nucleare, che sono assoluti» ha proclamato il presidente iraniano durante il discorso all'università di Teheran, trasmesso in diretta dalla radio nazionale.
La scorsa settimana il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha ulteriormente rimandato l’imposizione di nuove e dure sanzioni all’Iran per la corsa al nucleare. Si attende novembre e l’ennesimo rapporto di Mohammed El Baradei, il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite sul controllo dell’energia atomica. Francia e Germania, però, hanno invitato i partner europei ad iniziare il congelamento dei rapporti commerciali con l’Iran in vista di ulteriori sanzioni. Da Londra, con un’intervista al quotidiano Al Quds al Arabi, Farouk Kaddoumi, vecchia volpe oltranzista dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina prevede il peggio. Se lo Stato ebraico attaccherà «per delega Usa l’Iran, lo farà colpendo le infrastrutture nucleari, ma l’Iran ha missili che sono in grado di incendiare l’intero Israele».

[b]"La vendetta urlata di Ahmadinejad non allarma Israele" di R.A.Segre:[/b]

La corrente sciita dell’islam, maggioritaria in Iran, ma minoritaria e perseguitata nel mondo sunnita, ama drammatiche manifestazioni di fede: sanguinose autoflagellazioni; liturgie di disperazione, isteria collettiva. Aggiungete la paura per un regime che si vuole custode della rivoluzione khomeinista ormai boccheggiante; la sovrapposizione di due date «sante»: l’ultimo venerdì del sacro mese del Ramadan e la giornata della liberazione di Gerusalemme – Al Quds (La Santa) -; la fuga in avanti di un presidente che si sa internamente contestato e esternamente minacciato da sanzioni internazionali e avrete il cocktail di passione e di odio che ha portato il presidente Ahmadinejad a urlare le sue minacce contro Israele e l’America davanti a 70mila persone.
C’è chi pensa che un nuovo Hitler è nato in Oriente e che Israele sia alla vigilia di una nuova Shoah. Il «ministro degli Esteri», senza ministero, palestinese, Khaddumi, ne è sicuro. Lo afferma in un articolo sulle pagine del giornale palestinese Al Qudz al Arabi di Londra, traboccante di minacce contro Israele e contro il presidente palestinese Mahmoud Abbas, servo degli ebrei e degli americani. Per lui non basta che il presidente iraniano rispedisca gli israeliani «in Canada o in Alaska»; non sarà sufficiente che l’intero territorio dello Stato ebraico (poco importa se ci rimetteranno la vita anche un milione e 300mila musulmani) verrà bruciato dai missili incendiari iraniani se Israele oserà attaccare l’Iran; poco importa se il ritorno dei profughi palestinesi sul territorio israeliano è ormai diventato più importante dello Stato palestinese stesso. Ciò che conta per lui è la soddisfazione (verbale) della vendetta urlata.
Il che pone all’Iran e ai palestinesi un problema: cosa succederà se Israele non attaccherà o se attaccherà – come ha fatto contro la base nucleare in Siria – e nessuno avrà il coraggio o l’interesse di farlo sapere? Di attacchi contro l’Iran ve ne sono da tempo in corso da basi curde e dal Belucistan di cui i media solo occasionalmente parlano. La guerra contro l’Iran, oltre a quella in Palestina contro Hamas, è già in corso. Non è la vecchia guerra di eserciti schierati lungo fronti continui e di carri armati che si affrontano sui campi di battaglia o di aerei nei cieli. Come già spiegavano anni fa in dettaglio i colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui nel libro Guerra senza limiti, l’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione (Editrice Goriziana, col bel commento del generale Fabio Mini, 2001), sarà una guerra di commando, di attacchi con armi di concezione del tutto nuova, con la neutralizzazione elettronica delle comunicazioni, con l’uso di aerei invisibili, con offensive biologiche e così via.La superiorità israeliana (e americana) in questi campi sull’Iran è grande. Non comporta la grossolanità delle distruzioni atomiche massicce, e contro di essa i ferri vecchi dell’aviazione, della marina e i nuovi missili iraniani mai messi alla prova possono fare ben poco. È vero che dopo la Shoah gli ebrei prendono le minacce di distruzione molto seriamente. Ma è altrettanto vero che la seconda guerra del Libano ha insegnato alla dirigenza politica israeliana prudenza e determinazione e che le forze armate (lo hanno dimostrato con l’attacco misterioso contro la base siriana lo scorso mese) si sono notevolmente riorganizzate. Forse in Iran e in Siria e altrove non se ne rendono conto. Ahmadinejad, gli Hezbollah e Hamas se passassero dalla provocazione verbale a quella reale giocherebbero col fuoco. Rischierebbero di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa fisica e ideologica del cosiddetto islam radicale sciita. Personaggi del tipo del presidente iraniano possono certo permettersi di essere fanfaroni, ma non stupidi. Sanno che gli israeliani-ebrei non sono più le imbelli pecore da macello del passato.

 

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